Esiste a Mestre un’associazione piuttosto numerosa e assai efficiente: “Gli amici dell’arte”. Io non sono iscritto ufficialmente ma ne condivido l’interesse.
Nella mia attività pastorale di un tempo c’era un posto abbastanza di rilievo anche per l’arte. Ricordo con gioia e soddisfazione le quattrocento “personali” fatte presso la galleria parrocchiale “La cella”, le numerose biennali d’arte sacra, le opere esposte nelle strutture parrocchiali che costituiscono in assoluto la più grande galleria d’arte moderna della nostra città. Ma soprattutto il grande “giro” di artisti che hanno colloquiato con la nostra comunità.
Dante afferma che la natura è la “figlia” di Dio e che l’arte ne è la “nipote”. Sono convinto che una comunità cristiana non possa e non debba trascurare questa realtà perché è di certo una strada, magari un po’ sconosciuta, che porta a Dio, indipendentemente dal fatto che i cittadini siano coscienti o meno di questo percorso. Se l’arte non facesse altro, allontana le persone dal brutto, dal banale e dal volgare che spesso trovano posto anche negli edifici parrocchiali e perfino nelle chiese.
La mia vecchia parrocchia aveva, fortunatamente, delle belle personalità di artisti: da Bepi Pavan ad Aldo Bovo, da Toni Fontanella ad Archiutti, da Piero Barbieri a Vittorio Felisati ed altri ancora, senza contare l’indotto che essi richiamavano.
Sono tanto riconoscente a questi protagonisti della vita artistica che, coscientemente o meno, hanno educato al bello e quindi al culto di Dio, almeno un paio di generazioni di parrocchiani.
Ritorno su questo argomento, su cui mi sono soffermato altre volte, perché quest’anno ricorre il centenario della nascita di Vittorio Felisati, il vecchio pittore di via Goldoni che morì improvvisamente mentre stava ritoccando il mio ritratto che voleva regalarmi per l’uscita dalla parrocchia. Come ricordo con nostalgia le lunghe chiacchierate, quando mi presentava l’immenso deposito dei suoi dipinti. Ricordo come brillavano i suoi occhi quando mi diceva, con entusiasmo e quasi con voluttà: «Don Armando, io amo il colore!».
Davvero Felisati aveva una tavolozza di colori forti, con i quali esaltava la bellezza dei suoi paesaggi preferiti: Asolo, il Brenta, le vecchie strade di Carpenedo, Burano, Torcello, Monfumo, ecc.
Il Comune ha organizzato una mostra al Candiani per questo concittadino innamorato dell’arte, ma anch’io voglio offrire un piccolo apporto in onore di questo “maestro del colore”. Il figlio di Felisati mi ha dato una ventina di opere di suo padre, io ho cercato delle cornici che esaltino quanto mai questa festa di colori. Son certo che non c’è stata né ci sarà mostra in cui apparirà il colore nel suo fulgore come nella galleria “San Valentino”, quando a fine giugno, organizzeremo una personale per Vittorio.
Vittorio Felisati ci ha fatto un dono che quasi ci costringe ad accorgerci della bellezza del Creato, segno della gloria ineffabile di Dio.