La mia semina quotidiana

La lettura del breviario, ossia della preghiera ufficiale della Chiesa, è da secoli il momento forte ed il perno della spiritualità della vita monastica. Quando si vanno a visitare le grandi e splendide cattedrali, spesso ci vengono mostrati i cori – vere opere d’arte dei maestri del legno – destinati ad ospitare i monaci che ad ore fisse vi si raccolgono a pregare e lodare il Signore a nome della Chiesa e del mondo intero.

Da noi sono ormai poche e piccole le comunità monastiche i cui membri pregano in coro: i benedettini a San Giorgio, i francescani alla Giudecca, a San Marco i canonici. Si tratta però di piccole comunità raccogliticce e anziane, per cui spesso sembra di ascoltare un brontolio incomprensibile, piuttosto che una lode solenne.

Quando però la comunità è consistente e i componenti sono creature di Dio, allora è tutt’altra cosa. Io ricordo di aver assistito, nella chiesa del monastero di Marianlac in Germania, alla recita del breviario in coro: era qualcosa di suggestivo e profondamente religioso.

La Chiesa domanda anche a noi preti la recita del breviario, ma mentre i monaci lo recitano intervallato, durante la notte, di primo mattino, a mezzogiorno, nel vespero e al tramonto, noi preti lo diciamo tra un’occupazione e l’altra senza le dovute condizioni. Io, ad esempio, mi alzo presto e lo recito di primo mattino, prima di iniziare la giornata. Ora lo recito ad alta voce per non appisolarmi sul testo.

Talvolta mi trovo in difficoltà con certi salmi e certi testi antichi. Il mondo dei salmi è lontano millenni da noi e perciò ha bisogno di trasposizioni non sempre facili; talvolta mi trovo ben poco d’accordo con le preghiere del mondo ebraico che pensava di essere al centro del mondo e che Dio fosse tutto per lui. Talvolta però incontro dei passaggi molto belli, delle “pietre preziose” che mi incantano e mi aiutano a mantenere la mia anima in carreggiata.

Lunedì sera a compieta (l’ultima preghiera della giornata) il testo mi ha fatto dire: “Donaci, o Padre, un sonno ristoratore e fa che i germi del bene, seminati nei solchi di questa giornata, producano una messe abbondante”. Mi sono addormentato dolcemente sperando che le mille parole, i mille gesti che hanno intessuto la mia giornata stessero per germogliare e fiorire.

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