Ognuno, penso, che prima o poi scopra di avere le sue allergie.
Molti anni fa la Benita, la vecchia custode delle suore di clausura che aveva un rimedio empirico per tutti i guai di questo mondo, mi suggerì di fare una cura prendendo della pappa reale. Non l’avessi mai fatto! Dieci minuti dopo l’assunzione mi si arrossò e gonfiò il volto, tanto da diventare un mostro. Il medico sentenziò che ero allergico a quel prodotto delle api.
Da poco tempo invece ho scoperto che sono pure allergico ad un tipo di antibiotico. Ieri sera poi ho fatto un’altra scoperta. Già da anni provavo un certo disagio di fronte a certe scelte ecclesiastiche in genere, ora invece, al vedere alla televisione l’incontro di Assisi tra Napolitano, il capo dello Stato, che non mi era molto simpatico per i suoi trascorsi politici, e monsignor Ravasi, a cui avevo sempre pensato con ammirazione e simpatia per la sua brillante intelligenza, ho scoperto un altro tipo di allergia specifica a cui vado soggetto, ossia l’allergia al rosso e alla pompa.
Confesso che sono contento perché ora che conosco la mia fragilità in merito, ho almeno l’opportunità di curarla.
Veniamo al merito della mia recente e sorprendente scoperta. Napolitano ha tenuto una brillante conversazione e Ravasi altrettanto ha interloquito con la facondia e l’acutezza di pensiero che gli è propria. Però Napolitano vestiva in pantaloni e giacca sobri ed aveva una cravatta appropriata come tutta la gente di oggi, mentre Ravasi aveva la sottana nera filettata di rosso, la fascia più rossa ancora e la papalina dello stesso colore in testa. L’incontro avveniva in piazza, quindi non c’entrava per nulla la liturgia.
Quanto mi sarebbe piaciuto che il cardinale avesse indossato il clergiman, magari con la crocetta d’argento sul bavero; portare in piazza questo armamentario del passato m’è parso una cosa di cattivo gusto, ma soprattutto, una volta ancora, m’è parso quasi che egli, magari senza volerlo, abbia posto un diaframma tra la gente del nostro tempo e il ceto ecclesiastico, mentre in realtà il sacerdote, e più ancora il vescovo, dovrebbe essere un tutt’uno col popolo come il lievito, nascosto e non divisibile dal pane che si sta impastando.
Gli uomini di Chiesa a mio parere devono sempre più mescolarsi con lo stile, la sensibilità degli uomini del nostro tempo, facendo saltare anche gli ultimi steccati. La gran parte dei preti hanno “saltato il muro”, mentre ho la sensazione che i vescovi siano ancora titubanti e reticenti. E si che loro. La lettera a Dioneto la dovrebbero conoscere bene; in essa si dice, ormai da secoli, che il cristiano non differisce per nulla, anzi sposa tutto quello che è proprio degli uomini del nostro tempo, fuorché le miserie e le cattiverie.