Preti e “bottega”

La mia è stata una famiglia di falegnami. Purtroppo mio fratello ne è stato l’epigone, perché qualche mese fa ha chiuso bottega per l’età, la crisi incalzante, la burocrazia che fa si che un artigiano debba avere alle spalle uno studio di esperti, e da ultimo perché oggi è difficile riscuotere i soldi per il lavoro fatto.

I comuni mortali hanno purtroppo imparato dallo Stato a pagare dopo mesi e anni dalla consegna del lavoro. Mio padre, più che un falegname, era un ottimo carpentiere però, come si usava allora, faceva tutto quello che riguardava il legno. Ricordo che ce l’aveva a morte con quelli che egli denominava “rubamestieri”, ossia chi si improvvisava, chi non era andato a bottega, chi non sapeva fare bene il suo mestiere. Lo ricordo sempre quando auspicava che il governo mettesse la regola che per esercitare il mestiere uno dovesse fare un lungo apprendistato e dovesse poi fare l’esame di fronte ad una commissione di vecchi falegnami esperti nell’arte del legno.

La bottega e l’apprendistato sono stati in passato un passaggio obbligato sia per gli artigiani che per gli artisti. Oggi tutto questo è soltanto un ricordo perché ormai queste realtà sono scomparse dalla scena. Io, che sono figlio di mio padre, applicherei questa regola anche per i preti. Ho fatto l’apprendista prete per quasi vent’anni ed ho appreso “il mestiere” presso degli ottimi maestri d’arte: monsignor Mezzaroba, monsignor Da Villa e monsignor Vecchi; solo dopo “mi sono messo in proprio”.

Il nostro vecchio Patriarca, cardinal Luciani, un giorno mi confidò che era suo intento far fare l’esperienza ai giovani preti presso tre o quattro parrocchie, guidate da parroci esperti, in maniera che vedessero ciò che si deve e si può fare, perché solo con questo apprendistato, che va fatto in “bottega”, un giovane prete può capire fin dove si può e deve arrivare.

A me sono sempre piaciuti i chierichetti e gli scout. Un prete novello, mio cappellano, affermava che i bambini d’oggi sono tanto occupati da non poter più apprezzare questi percorsi di formazione. Al che, per dimostrargli quanto ciò non fosse vero, mi impegnai a fondo e nonostante l’età non più giovane lasciai in parrocchia cento chierichetti e duecento scout. I miei suggerimenti possono essere ritenuti peregrini e fuori tempo, però quando li ho fatti mi sento la coscienza a posto!

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