Le testimoni dell’assoluto

Ieri ho sentito il bisogno di spezzare una lancia a favore delle claustrali ed oggi ci ritorno perché ripeto che si può trovare nei loro conventi, un po’ tetri ed incorniciati di passato, una sorgente di vita fresca e pulita.

Per trentacinque anni sono vissuto a ridosso di una piccola comunità monastica; soltanto una strada divideva la mia canonica, settecentesca e tirata a lustro, dal loro convento che era più bello e più antico, ma che una tradizione monacale assai discutibile ed un geometra di pochissimo ingegno hanno oscurato con un gran muraglione, quasi fosse necessario perché qualcuno non rubasse qualche monaca o non ne turbasse la sensibilità, come avvenne per la monaca di Monza.

L’alta mura io però non l’ho mai letta come una difesa di una comunità di vergini, ma ai miei occhi è sempre sembrata uno sgorbio che impediva di vedere le belle linee della villa patrizia del nobile Michiele. Ripeto: nella mentalità ufficiale di certi conventi ci sono purtroppo rimasugli di un mondo fortunatamente scomparso che bisognerebbe rimuovere.

Un giorno chiesi alla badessa di poter celebrare un matrimonio nella loro chiesa, ma essa mi rispose che non era possibile se non con un permesso particolarissimo della curia. Cercai le origini di questo divieto e mi fu detto che era proibito perché le giovani monache non ne fossero turbate vedendo la bellezza dell’amore umano e non rimpiangessero d’essere entrate in convento. In realtà, fortunatamente, ora le cose non stanno così. In questi vecchi conventi ci sono anime belle e preziose.

Ricordo una famosa intervista di Sergio Zavoli ad una monaca di clausura di un monastero di Bologna. Quando Zavoli chiese se non si sentissero isolate, fuori dal mondo, essa rispose con voce calda e convinta: «Noi vogliamo avere il cuore aperto, disponibile ad accogliere l’ultimo naufrago della vita per dirgli: “entra, tutto è pronto per te, ti abbiamo aspettato con amore”».

Nei vecchi conventi ci sono anime sublimi come questa sarebbe vantaggioso frequentarle un po’ di più, perché ci offrirebbero sempre qualcosa di essenziale e di genuino.

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