Mi pare che l’anno scorso sia morto don Mazzi, il prete fioretino che ha dato vita alla “parrocchia” dell’Isolotto.
Don Mazzi fu un prete non privo di intelligenza ed anche di zelo il quale, ai tempi del Concilio Vaticano Secondo, fece un miniscisma a Firenze.
Allontanato dalla parrocchia per le sue idee eccessivamente progressiste, riunì attorno a sé un piccolo gruppo di fedeli con i quali celebrava all’aperto in non so quale parte della città.
Come sempre chi sbatte la porta della “Casa paterna” si riduce in miseria. Così succede per le innovazioni che reggono e che devono essere portate avanti con coraggio, umiltà e pazienza sempre all’interno della comunità; chi rompe si riduce a diventare un transfuga con una sua piccola banda di sbandati.
E’ capitato così anche per i preti riformatori del ’68; si sono volatilizzati e la comunità ha continuato il suo cammino più pigra ed indolente di prima, da un lato perché la ribellione crea anticorpi di autoconservazione e dall’altro perché, essendo la stessa privata di elementi vivaci, intelligenti, assetati di verità e futuro, diventa più tarda, chiusa e meno vivace.
La repressione però degli elementi che mettono in discussione l’apparato, che aprono una dialettica costruttiva con superiori e colleghi e soprattutto tentano costantemente di coniugare la fede e soprattutto la religiosità con i tempi nuovi, è sempre un cattivo agire ed una perdita in assoluto.
Nella Chiesa attuale i veri profeti in questi ultimi tempi sono sempre rappresentati dai “dissidenti per amore” – vedasi don Mazzolari, don Milani, don Benzi e, ultimo della serie, il cardinale Martini.
Guai però costruire monumenti a questi profeti scomodi solo dopo la morte, occorre invece far circolare le loro idee e innestarle nel tessuto reale della Chiesa perché diventino sale e lievito che tormentino ma che diano vita.
E’ un grave errore ritirarsi nell'”isolotto”, ma è altrettanto grave cacciare questa gente che è scomoda e può avere un certo grado di irrequietezza ma che sempre palpita di vita. Il privarsi di loro equivale a privarsi dell’animo e tenersi un corpo tranquillo ma senza vita.