Ho ancora intelligenza per capire che il mio è un mondo crepuscolare, intinto di nostalgia per delle realtà umane e spirituali che ho intensamente vissuto, ma che ormai sono al margine della vita. Sono perfettamente cosciente che la società oggi corre su binari nuovi e diversi, che sono percorsi con disinvoltura dalle nuove generazioni, anche se mi capita molto di frequente di domandarmi come fanno gli uomini del nostro tempo, e soprattutto le nuove generazioni, a godere di questo nuovo modo di vivere che a me pare tanto arido, desolante e decisamente brutto.
Quando mi rifaccio alla razionalità, che fortunatamente non ho ancora totalmente perduto, concludo che non è il mondo che è diventato insipido, superficiale e assurdo, ma sono i miei occhi stanchi che non ne colgono la validità. Non è che il mondo sia più brutto, ma la mia vecchiaia, che non è più capace di leggere con attenzione e stupore il libro della vita.
Ieri sera, a “Rai storia”, il canale televisivo che ho scoperto con l’avvento del digitale terrestre, ho seguito un programma su Beniamino Gigli. Minoli, il conduttore onnipresente, raccontava la vita del grande tenore presentando una serie di spezzoni di musica lirica e di canti popolari di questo tenore dalla voce calda e melodiosa.
A dire il vero avvertivo nella figura ed anche nella voce, un qualcosa di vecchio e di passato che invece non ho mai avvertito in Pavarotti, che pur cantava le stesse arie, ma quando confronto parole e melodia di Gigli con quelle di Vasco Rossi o Jovanotti o qualcuno di peggio ancora, non posso non dire che i cantanti di oggi, anche i migliori, sono l’espressione di un mondo sconclusionato senza sentimento, senza poesia e senza ideali.
Dall’altro lato sono assolutamente certo che se parlassi di questi confronti alle ragazzine che sono andate al Lido per “adorare” i nuovi divi, mi guarderebbero come chi indossa vesti ammuffite, sgualcite e polverose trovate in soffitta.
Così va la vita, nonostante i miei criteri che ritengo seri e oggettivi!