Don Gino Cicutto, attualmente parroco di Mira Taglio, ha vissuto con me a Carpenedo i primi anni del suo sacerdozio. Quindi io ho potuto conoscere bene la sua personalità e le sue risorse.
Don Gino è un prete intelligente, ordinato e fedele al suo ministero. A Carpenedo il suo impegno pastorale ha avuto notevole successo riuscendo a mettere in piedi un gruppo di giovani numeroso ed affiatato, a far convivere pacificamente gli scout con i giovani dei gruppi di formazione – cosa davvero non facile – e ha dato vita ad una comunità di catechiste veramente invidiabile.
Il suo stile aveva come punto di forza la pacatezza, l’equilibrio e soprattutto la misura; non era mai polemico, né faceva progetti esagerati, né partiva quasi mai con la lancia in resta come io, invece, facevo e faccio frequentemente ancora.
Pensavo allora che don Gino avrebbe fatto carriera perché faceva sempre il suo lasciando che il mondo gli cadesse accanto, non disturbando alcuno; però è andata così! Sono straconvinto che ha numeri per occupare posti ben più alti che guidare la sua comunità ai confini della diocesi.
Don Gino mi manda regolarmente il periodico della sua parrocchia che io leggo sempre con estremo interesse. Da qualche tempo però noto con simpatia che sta uscendo un po’ dal suo guscio protettivo e prende posizioni. Qualche settimana fa l’ha fatto sognando, seppur garbatamente, a voce alta che il Vaticano sia più sobrio e più modesto. Ora se la prende con la magistratura criticando una giustizia spesso strampalata.
Ho letto quindi con la consueta curiosità, ma con più condivisione, il pezzo che trascrivo, perché da sempre ammiro e mi fa felice chi non se ne sta quieto in un canto, ma prende posizione. Don Gino è arrivato un po’ tardi, però mi fa piacere ugualmente che non subisca passivamente un corpo dello Stato che in questi ultimi decenni, nel suo complesso, non ha fatto onore al Paese con un comportamento discutibile e non esaltante per la posizione che occupa. Ecco il testo.
Stamattina leggo nel giornale della condanna inflitta ad un piccolo commerciante di ferro vecchio che, dopo aver subito per tre volte il furto di materiale di rame, imbraccia il fucile e spara ad alcuni zingari che, dopo aver tagliato la rete di recinzione della sua proprietà, gli hanno rubato ancora del rame, ferendoli non in maniera grave. Il giudice ha ritenuto esagerata la reazione di questo poveruomo, condannandolo a risarcire i ladri con una somma considerevole. Così si è aggiunto al danno anche la beffa. E’ giustizia questa? Tutti affermano che l’aumento della criminalità è dovuto alla quasi certezza della impunibilità per cui i criminali si sentono liberi di rubare, di massacrare di botte, di fare i prepotenti, tanto, alla fine, si beccano al massimo una “denuncia a piede libero” della quale se ne infischiano tranquillamente. E’ per questo che sale di conseguenza il rifiuto verso le tante persone che vivono di espedienti e di furti, non avendo un lavoro con il quale guadagnarsi il pane quotidiano. Spero tanto che il governo Monti si accorga anche di questo e possa correre ai ripari, dal momento che i tanti governi che lo hanno preceduto, hanno contribuito a creare queste situazioni assurde.