Nella storia del cinema, e soprattutto della società italiana dell’immediato dopoguerra, il film di De Sica “Ladri di biciclette” è certamente un punto fermo e quanto mai significativo sulla società di quel tempo.
Nell’Italia povera, con ancora ammucchiate nelle sue città le macerie della guerra, le biciclette rappresentavano un “tesoro” che sollecitava gli istinti dei ladri di piccolo calibro.
La crisi economica pare che ci abbia rigettati a quella stagione di “guerra” tra poveri.
Qualche settimana fa abbiamo sorpreso un giovanotto che, con fare disinvolto, quasi stesse adempiendo un suo dovere, stava asportando una bicicletta dalla relativa custodia del “don Vecchi”.
Ieri mattina ho appreso che i ladri, di biciclette ne han rubate ben cinque durante la notte, e le più nuove. Cinque anziani sono rimasti appiedati, qualcuno si è recato dalla polizia a sporgere denuncia, qualche altro più realista ha lasciato perdere perché ha giustamente pensato che è perfettamente inutile.
Quando mi hanno raccontato del furto, mi sono ulteriormente convinto che la crisi, nonostante la corsa alle spiagge e ai monti, è reale. La nostra Italietta non solo s’è ficcata in un binario morto, ma cammina col passo dei gamberi. Quello poi che mi ha ulteriormente amareggiato e che quasi certamente quelle biciclette dei miei vecchi serviranno a pagare il vizio del prodotto di questa nostra società effimera, sfaticata e senza valori.