I conventi dei frati conservano tutti una certa organizzazione interna che viene da lontano e che in qualche modo è comune. In quasi tutti i conventi c’è il padre guardiano – che è il dirigente -, molto spesso c’è il padre portinaio, il padre addetto alla sagrestia e quello addetto all’elemosina, quando il convento non è grande e non gestisce una mensa popolare. C’è infine il padre confessore. Qualche convento ha ancora perfino un addetto alla cerca.
La comunità è, o era, sempre abbastanza numerosa ed articolata. In molti conventi ho osservato che hanno pure all’interno uno o due “famigli”, persone piuttosto anziane, spesso non sposate, talvolta provenienti da storie particolari e tal’altra persone di modesta levatura intellettuale che aiutano il frate cuoco o sono addetti al brolo. Questo personale complementare normalmente non percepisce stipendio e fa una vita parallela a quella dei frati; sono persone equivalenti alle perpetue di un tempo, che vivono in simbiosi con i religiosi.
Ho sempre guardato con curiosità e, da parroco, con un po’ di invidia, questo personale minore, utile e fedele. Ai tempi del seminario ne avevamo due o tre di questi soggetti un po’ particolari. Ora non ho più occasione di provare questa innocente invidia perché anche da noi al “don Vecchi” ne abbiamo più di uno di questi personaggi, che per i motivi più diversi, ce li siamo trovati accanto, o sono stati accompagnati dalla Divina Provvidenza o dalle assistenti sociali del Comune.
Col passare del tempo hanno finito per affezionarsi e far parte in qualche modo della vita della nostra comunità.
Da un paio d’anni ne abbiamo uno che ci è particolarmente affezionato e vive gran parte del suo tempo con noi. Non è che ci sia arrivato da un noviziato, né abbia fatto un percorso religioso determinato, per ora tutta la sua fede si riduce a voler bene a noi credenti e nell’andare qualche domenica a far visita ai suoi morti in camposanto.
Gli sono state affidate alcune mansioni che svolge con diligenza e delle quali mi rende conto ogni giorno puntualmente. Se non fosse stato un tempo molto amico di Bacco e se ogni tanto non facesse baldoria con lui, sarebbe una persona cara e affidabile. Io capisco fin troppo quanto la tentazione sia grande, gli ho pure consigliato “gli alcolisti anonimi”, talvolta l’ho costretto al ricovero per la disintossicazione, però non vuole sentire i miei discorsi.
Ora, a garanzia della sua serietà, mi mostra spesso una bottiglietta con del liquido nero, affermando che è Coca cola. Poi capita che pigli una gran sbornia di “Coca cola” ed io a pensare che la bevanda degli americani sia analcolica!