Ho già scritto che uno dei miei coinquilini del Centro don Vecchi mi ha donato, un paio di anni fa, una “Punto” usata, ma che è tanto bella che quasi mi vergogno di usare un’automobile così bella. Se la confronto con le due “Cinquecento” usate, alla Citroen ballerina di 300 di cilindrata e alla “Seicento” con le quali ho viaggiato negli ultimi quarant’anni della mia vita, ora mi pare di avere un’auto di rappresentanza.
Tra le molteplici prestazioni, la mia auto ha perfino la radio, motivo per cui, durante il tragitto “don Vecchi”-cimitero e viceversa, mi si offre anche l’occasione di un aggiornamento. Ora “imbrocco” giornali radio, ora rassegna stampa, ora anche dei servizi intelligenti ed aggiornati.
Qualche giorno fa un certo signore, in una delle tante rubriche di Rai uno, ha svolto un tema che mi ha fatto pensare e in quest’ultimo tempo mi ritorna con insistenza. Diceva questo conferenziere che negli ultimi duecento anni s’è sviluppata la convinzione che il mondo economico avrebbe continuato a offrire nuovi servizi e beni di consumo in maniera sempre superiore. Dobbiamo però domandarci: “Chi ha beneficiato di questa continua crescita e di questo arricchimento?”. E continuava ad affermare, con ragione evidente, che forse al massimo un quarto della popolazione del mondo aveva potuto beneficiare di questo arricchimento, mentre gli altri tre quarti non solo non ne avevano goduto, ma forse sono rimasti anche più poveri di quando tutti gli uomini vivevano miseramente.
Un tempo, senza comunicazioni di massa, con popoli che dominavano con la forza, la cosa poteva passare. Ora però, in un mondo globalizzato a tutti i livelli, non solo questa patente ingiustizia “grida al cospetto di Dio”, ma sta accumulando una reazione che prima o poi vedrà i popoli poveri pretendere con la forza della disperazione di avere anche la loro parte di benessere e non accettare più di morire di fame sfruttati dai popoli più ricchi.
Sto leggendo un ponderoso volume sulla vita, le opere e il messaggio dell’Abbé Pierre, ove queste disuguaglianze e la fame del mondo vengono documentate in maniera puntuale e nitida, dimostrando l’insensibilità, l’avidità e l’egoismo sfrenato dei popoli occidentali, sordi alla morte per miseria e per fame di milioni e milioni di persone.
Se il mondo occidentale non cambierà modo di vivere e di sperperare, sarà giustamente costretto a farlo sotto la pressione di questo mondo di miseri e di sfruttati. Se la crisi economica ci aiuterà a capire questo per tempo e a scegliere di vivere in maniera più degna, bisognerà ringraziare Dio per la crisi, perché ci risparmierà da una punizione quanto mai certa e cruenta.
La triste realtà é che prima di cadere riteniamo d’essere invulnerabili a tutto, altrimenti non si spiegherebbero le troppo numerose guerre da Caino in poi.