Ringrazio veramente il Signore che durante la mia lunga vita mi ha fatto fare delle belle esperienze, rendendomi sempre curioso del nuovo e aiutandomi a non vivere mai nelle retrovie, ma sempre in prima linea, ricevendo talora qualche colpo dal “nemico” e, forse più spesso, delle “ferite” dal “fuoco amico”. Comunque sia quello che queste mi sono state sempre sostanzialmente di aiuto.
Con monsignor Vecchi, ripeto ancora una volta, ho sempre avuto un rapporto totalmente dialettico, rapporto che credo sia stato inevitabile a motivo dell’età, della provenienza e della sensibilità diversa, però per me lui è stato comunque un maestro valido per tanti motivi. Uno di questi è quello che monsignore mi insegnò che bisogna sempre verificare sul campo, accertarsi in prima persona per valutare ogni esperienza ed ogni scelta o orientamento pastorale.
A tal proposito voglio far riferimento a tre esperienze particolari. Al tempo in cui sembrava che la Francia fosse l’antesignana e la punta di diamante nel campo della pastorale e della liturgia, andammo insieme a vedere cosa si faceva in Francia. In realtà abbiamo scoperto cose interessanti, ad esempio l’uso del foglietto parrocchiale l’apprendemmo da quel viaggio e lo abbiamo propagato a Mestre.
In quella esperienza capimmo però che allora, in Francia, c’erano delle avanguardie interessanti, ma il grosso era ancora arroccato al tempo della post-rivoluzione.
Quando stavamo sognando la mensa per i poveri e quello che riguardava le iniziative caritative, andammo a Brescia, che a quel tempo rappresentava il top del settore. E quando, al tempo del Concilio abbiamo sentito il bisogno di verificare l’impianto dell’associazionismo giovanile, siamo andati a Milano, quando don Giussani aveva appena dato vita a “La gioventù studentesca”, la madre di “Comunione e liberazione”.
In quella occasione, avendo partecipato, in una grossa parrocchia, all’incontro di un numeroso gruppo di giovani del movimento appena nato, sono stato colpito dal modo con cui si svolgeva l’incontro. Fissato l’argomento, ognuno poteva ordinatamente offrire il suo contributo, ma non poteva polemizzare o anche ribattere su quello che aveva detto l’amico. Questo metodo evita inutili diatribe e discussioni e fa emergere il meglio che si possa ricavare su un argomento.
Ho tentato per tutta la vita di introdurre questa metodologia, poche volte ci sono riuscito. Molto probabilmente ciò non è avvenuto perché tutti devono essere d’accordo in partenza su valori di fondo, cosa che per l’individualismo della gente della laguna è piuttosto difficile.