Basta con l’assurda logica delle armi!

Un concittadino che mi onora della sua amicizia, un mese fa mi ha donato un libro di Primo Levi: “La tregua”.

Di questo autore avevo letto, una decina di anni fa, una antecedente opera: “Se questo è un uomo!”, lungo racconto della sua “passione”, durante la guerra, nel campo di concentramento di Auschwitz.

La lettura di quel volume ha segnato profondamente la mia coscienza e turbato il mio animo in maniera talmente forte da farmi rifiutare la guerra in maniera assoluta. Non solo! Ma a farmi provare una repulsione istintiva ed assoluta per tutto quello che si rifà alle armi e alla retorica che avvolge il mestiere più assurdo, che è quello del soldato.

Durante i miei studi di morale, avevo appreso la distinzione tra guerra giusta ed ingiusta, i discorsi sulla legittima difesa a livello personale o nazionale; ora però rifiuto e ritengo disumano e sacrilego ogni scontro armato da qualsiasi ragione sia motivato.

Da bambino sono stato balilla ai tempi del Duce, e durante gli anni della scuola elementare e media sono stato educato da una retorica nazionalista a tutto spiano. Ora però il mio rifiuto della logica delle armi è assoluto, tanto che mi danno fastidio perfino le alabarde e le armature delle guardie svizzere del Vaticano – che in realtà sono poco più che soldati da operetta!

I racconti di Primo Levi, vittima dell’antisemitismo, e poi i successivi approfondimenti, mi hanno fatto capire a quale brutalità e degrado umano faccia arrivare il nazionalismo e la mentalità che anima qualsiasi esercito del mondo.

Già in passato ho scritto del mio rifiuto di festeggiare la nostra repubblica con la parata militare, e l’ho fatto per motivi di carattere economico, ma ora lo faccio soprattutto per la logica che supporta quell’infinito numero di cittadini in armi che sono assolutamente inutili per il bene del Paese, gravano sulla sua economia e, qualora entrassero in azione, non produrrebbero altro che quella barbarie assurda, stupida e nefasta descritta così crudamente nei volumi di Primo Levi, l’ebreo torinese che sopravvisse al Lager, ma non alle conseguenze, tali da portarlo al suicidio.

Anche lo scorso 2 giugno, vedendo la sfilata di tanti concittadini in armi, le loro divise, i loro petti carichi di medaglie, il loro passo marziale e la retorica propria di ogni esercito, ho provato malinconia, rifiuto e persino ribrezzo ed ho sognato che ci capiti un nuovo presidente della repubblica che la sostituisca con un ballo o con una sagra paesana a livello nazionale.

Dico tutto questo, pur provando sommo rispetto per chi ha dovuto pagare con la vita l’insensatezza dei governi del passato e del presente.

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