Io non conosco particolarmente il nuovo ministro della giustizia del “governo tecnico” di Monti, ma confesso che l’avv. Severino mi è quanto mai simpatica e d’istinto mi ispira fiducia.
Credo di avere inoltre alcuni motivi validi che giustificano e supportano la mia simpatia.
Innanzitutto ho saputo che è una professionista assai affermata e benestante, tanto che ha denunciato al fisco una somma assai consistente. Ora, una persona benestante, stimata e ricca, che mette da parte il suo studio legale avviato per salvare il Paese allo sfascio e per trovare un rapporto più corretto con la magistratura – che, ormai l’abbiamo appreso da molti anni, è una gatta difficile da pelare – è certamente degna di stima e di riconoscenza. Sono ormai mesi che per suo merito non si avverte più la continua e scandalosa querelle tra il ministro e la “congregazione” dei magistrati, abituati a comportarsi sempre come “prime donne” suscettibili e capricciose.
Poi, pur avendo la Severino una menomazione fisica evidente, disabilità che credo sia particolarmente pesante per una donna, la vedo sempre presente a tutti gli appuntamenti in cui si dibattono i problemi della giustizia e sempre puntuale, pacata ed autorevole, tanto che raramente la sento criticare da quel sindacato di magistrati che precedentemente non era mai contento di niente.
Mi pare poi che le sue proposte, per la modifica del codice, per lo sfollamento delle carceri, per le pene alternative alla detenzione, ed ora soprattutto per il progetto di impiegare i carcerati nella ricostruzione degli edifici danneggiati o distrutti dal terremoto, siano quanto mai sagge ed opportune. Dissentirei solamente sul numero: per me dovremmo impiegare non cinquecento, ma cinquantamila cittadini in carcere per lavori di utilità sociale. Non ho mai capito perché la società debba pagare il mantenimento in carcere di tanta gente che ha sbagliato; sarebbe elementare che essi, come avviene per tutti, si guadagnassero il pane col sudore della loro fronte, anzi fossero costretti per legge, al fine di espiare i loro errori, a destinare alla società una grossa parte del loro guadagno, perché lo si destini alle categorie in difficoltà.
Se il ministro della giustizia continuerà a rinnovare radicalmente l’apparato, la mentalità, le leggi che hanno regolato questo settore così importante della vita civile, piuttosto che litigare con certi legulei arrivati, credo che sarà benemerita ed apprezzata da tutti.