Un altro punto di vista sulla questione dei cristiani divorziati

Il Sommo Pontefice, durante l’incontro oceanico del “Family day” di Milano, ha manifestato, ancora una volta, l’attenzione, la comprensione e l’amore della Chiesa verso i cristiani che per i motivi più diversi hanno divorziato, e li ha invitati a sentirsi parte integrante della comunità cristiana e a partecipare alla sua vita.

Però, in quella stessa occasione, ha ribadito che questi fedeli non possono accostarsi ai sacramenti, cioè a vivere in pienezza la vita della comunità dei credenti.

Il Papa è il Papa, ossia il successore di Colui al quale Gesù ha consegnato le “chiavi pesanti” della Chiesa, mentre io sono ben cosciente di essere un povero vecchio prete, poco colto e soprattutto poco santo, ma nonostante questo da decenni continuo a pregare perché gli uomini di Chiesa, quelli che “sanno” e che comandano, riescano a scoprire e a convincersi che qualche soluzione possibile ci deve pur essere e perché lo Spirito Santo li illumini in maniera più forte e risolutiva.

Fino a poco tempo fa mi sono aggrappato ad una frase di Gesù che ha detto, a chi gli obiettava che “il padre Abramo” aveva concesso il divorzio in casi particolari, che all’inizio non fu così e che Abramo aveva fatto una deroga al progetto illuminato di Dio “a causa della durezza dei loro cuori”. Motivo per cui mi veniva da suggerire a chi conta nella Chiesa che “la durezza delle coscienze degli uomini dei nostri tempi non è di certo meno dura di quella degli uomini del tempo di Abramo!”

Sennonché qualche mattina fa ho sentito a Radio Rai un prete che ha scritto un libro su questo argomento, che affermava che quando un divorziato pentito si fosse confessato del peccato di non aver mantenuto un patto che aveva sottoscritto davanti al Signore, era perdonato e così poteva convolare a nuove nozze. Il prete continuava affermando che così avveniva nella Chiesa primitiva, così avviene nella Chiesa ortodossa e in molte “confessioni” protestanti.

L’argomentazione m’è parsa convincente. Spero che qualcuno faccia pervenire il volume al Papa o alla congregazione dei sacramenti. Chissà che lo Spirito Santo non si serva di questo prete, di cui non ricordo il nome, per riaffrontare positivamente questa annosa questione. Noi preti dobbiamo assolvere anche il peggior delinquente. Perché non dovremmo concedere il perdono di Dio anche a chi ha sbagliato moglie o marito?

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