Questa mattina (relativamente a quando è stato scritta questa pagina di diario, NdR), per un’ennesima volta, mi sono trovato di fronte all’ambulatorio n°4 del reparto di urologia della clinica universitaria di Padova, in attesa dell’instillazione che dovrebbe aiutare l’organismo a produrre gli anticorpi necessari per combattere l’insorgere del carcinoma. Il corridoio è lunghissimo e gli ambulatori sono molti.
Mentre ero seduto, in attesa del mio turno, osservavo il tipo di umanità particolare che girava da quelle parti – vecchi, giovani, italiani, stranieri – tutti uniti da un denominatore comune: combattere contro i mali più diversi che minacciano la vita.
Nel corridoio c’era un andirivieni continuo di infermiere, medici, volontari in camice bianco e di pazienti con carte in mano che indicavano, suppongo, la patologia da cui erano affetti. Anch’io me ne stavo buono buono ad aspettare che la porta si aprisse e l’infermiere pronunciasse il mio nome.
Non so cosa pensassero le persone che affollavano il corridoio, udivo un parlottare sommesso, qualche confidenza, qualche confronto, non frequenti, perché chissà da che parte erano arrivati tutti quegli “utenti” in attesa.
Mentre osservavo questo andirivieni di gente tanto diversa, io mi trovai a riflettere su un tema inerente quello di cui mi occupo da una vita. Mi sono quasi sorpreso a ripetere sommessamente: “Qui tutti stanno lottando per la vita, per prolungare la nostra esistenza minacciata dalla malattia, e con che determinazione attendono! Tutti si presentano all’appuntamento, ascoltano i suggerimenti degli infermieri e si sottomettono a trattamenti più o meno dolorosi. Qui si lotta per la vita, o almeno per una qualità di vita un po’ più sicura. Come mai la mia chiesa non è altrettanto affollata ogni giorno, nonostante l’incidenza della salute dello spirito abbia un ruolo ben più importante per la vita in assoluto e per la qualità della vita in particolare?
Dopo millenni nei quali filosofi, sociologi, psicologi e preti hanno insistito a ripetere che l’equilibrio interiore, che il possesso di valori, di verità e di virtù incidono più che la salute sul benessere della vita della persona, l’uomo contemporaneo pare sia così poco preoccupato del suo benessere spirituale, ricorre così poco agli esperti del settore, e così poco si sottopone a cure per avere una qualità di vita spirituale più sana, più resistente ai mali estremamente perniciosi che minacciano la salute dello spirito, ossia di ciò che è più importante nella persona?”
Mentre stavo riflettendo su queste cose, l’infermiere ha aperto la porta dell’ambulatorio e ha detto con voce professionale: «Trevisiol». Sono entrato anch’io per proteggere la salute del mio corpo. Dovrò pensare di più a come risanare la mia vita spirituale e quella dei concittadini.