Un tempo lontano pensavo che col passar degli anni avrei risolto tutte le problematiche della vita e della mia fede. Camminavo quindi verso il tempo della pensione e del tramonto illudendomi che avrei vissuto finalmente un tempo di serenità e di pace interiore.
Invece no! Anche nel tempo della vecchiaia, almeno per me, non diminuiscono i problemi. Una volta ero tutto teso a celebrare in maniera pia e devota la santa messa, senza fretta e senza troppe distrazioni e a fare il mio sermone domenicale illustrando il Vangelo in maniera puntuale e corretta. Ora tutto questo non mi basta più, mi sembra che questo sia un binario morto, fuori dalla vita e da una religiosità autentica.
Da qualche anno vivo in maniera preoccupata e, forse drammatica, la mia celebrazione alla domenica.
Da un lato sono quanto mai preoccupato di permettere ai fedeli di partecipare all’Eucarestia come all’assolvere un debito con Dio, dover pagare una tassa al Signore, dall’altro lato c’è la preoccupazione di permettere loro di assistere alla messa come ad un rito che commemora fatti lontani che ci riguardano solamente in maniera marginale, ma che non ci coinvolgono ad ogni livello e che non diventano un’esperienza religiosa ogni domenica del tutto nuova, coinvolgente a livello esistenziale.
Spesso perciò mi sento costretto a dire ai miei fedeli, tanto cari e partecipi, che mi ascoltano: «Badate bene che questa mattina non siamo qui a ricordare che Gesù risorto andò nel cenacolo a dire ai suoi discepoli “pace a voi” e a Tommaso “non essere incredulo, ma credente”, ma siamo qui a vivere personalmente questa esperienza religiosa reale, viva, che riguarda ora ciascuno di noi».
La domenica ottava di Pasqua, quando presi la parola, alla vista dell’assemblea raccolta, silenziosa e partecipe, sentii vivo, quasi irresistibile il bisogno di ricordare a tutti: «In questo momento Gesù viene da noi in questa chiesa e in questo giorno, per dirci “vivete in pace tra voi, vi porto la pace, siate portatori di pace ai fratelli che incontrerete uscendo di chiesa. Se questa mattina non avvertiremo simpatia ed affetto verso chi ci sta accanto, se non accoglieremo questo dono di Dio e non ci riprometteremo di diventare portatori di pace, avremo ridotto questo incontro ad una pia, una ininfluente commemorazione di un fatto lontano, non saremo “creature nuove”, uomini rigenerati e nella nostra umanità, non avremo compiuto un’esperienza viva di fede, ma solamente un rito pressoché inutile ed ingannevole».
Molto spesso ho paura di non riuscire a passare questa verità che mi pare non importante, ma assolutamente necessaria.