Come rivitalizzare le nostre Comunità?

Nel nostro piccolo mondo ecclesiale, che ormai da tempo non abbraccia più tutte le persone che un tempo si riferivano alla “Cristianità”, ossia all’intera collettività, e neppure abbraccia più coloro che sono stati battezzati o che attualmente nel nostro territorio si dichiarano cristiani, da anni si fa un gran parlare della rievangelizzazione.

Quando io, “povero cristiano” sento parlare di questa sognata operazione che dovrebbe recuperare “le pecorelle uscite dall’ovile” o rivitalizzare quelle stanche, frastornate, demotivate o molto perplesse, mi vien da immaginare un’aratura di fondo ed una nuova semina, con semente fresca e vitale, nella speranza che il campo finalmente biondeggi di grano promettente.

Talvolta invece penso ad un’operazione più individuale, ossia l’innesto di un messaggio evangelico, vivo ed autentico, su piante di una piantagione perlopiù inselvatichite, poco produttive e soprattutto capaci solamente di frutti acidi, stantii e quanto mai deludenti.

Quando ho acquistato villa Flangini, la splendida villa veneta sui colli asolani, scoprii che tutta la collina su cui sorge la bella struttura fatta costruire dal Patriarca di Venezia del 1700, tutto il terreno che la circonda nel passato era coperto da piantagioni di viti e di alberi da frutto però, per una trentina d’anni, era stato abbandonato a se stesso e non più curato. Quando arrivammo noi delle viti era rimasto solamente qualche moncone infruttifero, mentre gli alberi da frutto rimasti producevano frutti striminziti ed acerbi. Cominciammo subito ad innestare i ciliegi, ad irrorare con anticrittogamici e a piantare virgulti di piante nuove. Penso che nel Convegno di Aquileia, di cui si fa un gran parlare e dal quale si arrischia di aspettarsi che, quasi per magia o per miracolo, si rinnovi e rifiorisca la Chiesa del Triveneto, ci si debba invece aspettare un invito a lavorare di più nella vigna del Signore, a curare ogni singola pianta, a dissodare il terreno, a renderci disponibili, col sudore della fronte, ad un rinnovato impegno per far crescere nuovi e più sani cristiani.

Il sabato, ascoltando il messaggio del nostro nuovo Patriarca, m’è parso di avvertire questo discorso: “Ad Aquileia non serve fare la conta o auspicare un miracolo del Cielo o affrontare progetti particolari, ma deve nascere in tutti i cristiani, dai vescovi ai preti e ai singoli fedeli un impegno alla conversione personale per lavorare con maggior spirito di sacrificio e maggior fede, non illudendosi che si possa vivere di rendita sulla fatica dei nostri padri, o di trovare formule magiche che possano rivitalizzare le nostre comunità.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.