Un dibattito TV che ho seguito con interesse

Venerdì 23 marzo ho seguito alla televisione un dibattito che si è svolto nella cripta della Basilica di San Marco. Conduceva la conversazione una giornalista di Telechiara un po’ impacciata e poco padrona dell’argomento trattato, e vi partecipavano esponenti della curia veneziana, del mondo giovanile, di quello operaio ed industriale. C’erano pure il vescovo di Rovigo, il dottor Castagnaro, che recentemente ha condotto una seria inchiesta sull’orientamento della religiosità nel Nordest e l’immancabile filosofo prof. Cacciari.

La discussione ruotava attorno a questi temi: l’incontro di Aquileia, da cui pare che i cattolici del Veneto si attendano quasi una nuova redenzione, le attese nei riguardi del nuovo Patriarca e la lettura dei risultati della recente inchiesta.

La scelta della sede dell’incontro è stata quanto mai felice, per la bellezza sovrana dell’ambiente, ma soprattutto perché dava la sensazione di andare all’origine della fede degli abitanti delle terre venete.

Gli interventi sono stati quasi tutti di buona levatura, ricchi di tensioni ideali, un po’ eccessivi nell’aspettativa che il nuovo Vescovo possa risolvere problemi della Chiesa veneziana ormai atavici. Il comune denominatore che mi è parso di cogliere è stato il desiderio e la volontà, da parte della Chiesa, di accostarsi alla cultura e alla sensibilità dell’uomo contemporaneo, pochissimo partecipe del messaggio cristiano. I fedeli infatti trovano notevole difficoltà a trasmettere, a causa dell’ormai avvenuto divorzio tra gli schemi mentali e il linguaggio del nostro tempo, i valori perseguiti e gli obiettivi propri del mondo religioso e quello laico.

A me questa ammissione e questa ansia è parsa già buona cosa, ma contemporaneamente mi è venuta la preoccupazione che gli auspici rimangano quei buoni propositi che la tradizione popolare dice che lastricano il pavimento dell’inferno.

L’intervento di Cacciari è arrivato bel bello a rafforzare il mio timore. L’ex sindaco filosofo, pur dichiarandosi, una volta ancora, non credente, ha ribadito con forza che vanno bene i propositi, le scelte e gli auspici, ma questa è ormai l’ora di rimboccarsi le maniche e di sporcarsi le mani per soccorrere “l’uomo mezzo morto” incontrato sulla strada di Gerico.

A mio modesto parere, io che non sono né filosofo, né teologo, né sociologo, l’ora di agire è già suonata da un pezzo; noi cristiani stiamo perdendo l’ultimo treno, se dopo tanti discorsi e tanti auspici non mettiamo i piedi per terra e non cominciamo ad aiutare concretamente e in modo serio l’uomo che giace per strada mezzo morto.

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