C’è bisogno di ideali, non di compromessi!

Io ho avuto un rapporto normale con monsignor Pizziol, prima vicario generale, poi vescovo ausiliare ed infine amministratore apostolico, mansione che egli ha ricoperto durante i lunghi sette mesi della sede vacante dopo il trasferimento del cardinale Scola a Milano. Ho sempre ritenuto questo monsignore una persona intelligente, di buon cuore, un prete che ha fatto il suo dovere secondo i canoni di Santa Romana Chiesa, ossequiente alle norme e alla tradizione.

Con un po’ di sorpresa l’ho visto eletto alla sede della grande diocesi di Vicenza, un tempo serbatoio di voti per la Democrazia Cristiana e di vocazioni alla vita religiosa.

Penso che sarà un buon vescovo, che procederà sulla via della tradizione, che però non sarà né profeta né un vescovo della Chiesa nuova che potrà guardare al domani con coraggio e spirito autenticamente innovativo, se non rinuncerà ad alcuni suoi atteggiamenti verso i suoi preti.

Io, nei suoi riguardi, ripeto, nutro stima, affetto e pure riconoscenza per avermi elargito, pur dopo mille insistenze, un contributo di centomila euro per il “don Vecchi” di Marghera, ma per il bene che gli voglio, spero che nella sua attività pastorale cresca e cambi almeno su due fronti.

E vengo al pratico. Quando mi mancavano poche settimane alla pensione, non avendo mai messo da parte nulla per me, avendo impegnato ogni provento per la parrocchia, da uomo di poca fede gli chiesi in che cosa sarebbe consistita la mia pensione e se essa mi avrebbe permesso di vivere la vecchiaia, pur poveramente. Con mia sorpresa e delusione, si meravigliò alquanto che non avessi messo da parte il denaro per la mia vecchiaia come fan tutti.

Non m’è parso incoraggiamento alla generosità e alla fiducia nella Provvidenza, anche perché il cardinale Cè mi aveva detto: «Non preoccuparti, continua ad operare per la tua comunità perché la diocesi si farà carico di ogni eventuale difficoltà».

Il secondo punto grigio è stata una lettera con la quale ha cercato di sanare il contenzioso fra due preti: uno che voleva promuovere una struttura per anziani in perdita di autonomia ed un altro che, una volta ancora, vi si è opposto per motivi per me solamente banali. Ebbene, in questa lettera, il vescovo ha tentato di pacificare il primo e il secondo, dando loro lo stesso peso, sebbene il primo con l’intera vita ha pensato ed operato per la povera gente, mentre il secondo si è adoperato per costruirsi la villetta per il tempo della pensione.

Va bene adoperarsi per la pace, però credo che non si possa per questo motivo dire che il bianco è grigio e dello stesso colore grigio è anche il nero. A mio modesto parere il vescovo deve indicare con onestà ciò che merita consenso e ciò che non lo merita. La gente e i preti han bisogno di ideali netti ed avanzati, non di compromessi per un benismo di comodo.

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