Un uomo che ha raggiunto Dio per sentieri più faticosi

Qualche giorno fa, accompagnato da uno zio che mi conosce bene e che molto probabilmente le ha consigliato che fossi io a celebrare il commiato di suo padre, venne al “don Vecchi” una signora per darmi informazioni sulla vita e sulla personalità del suo caro genitore morto il giorno prima.

La cosa mi fece molto piacere perché abbastanza di frequente sono io a telefonare perché mi si dia almeno un abbozzo della persona che lascia questa terra. Da questa persona mi si chiese di dare l’ultimo saluto e di presentarla al buon Dio, accompagnandola con la misericordia che Gesù le offre col sacrificio della croce. Oggi spesso si corre il rischio che il commiato si riduca ad una cerimonia o ad un rito religioso che però non diventa un evento che coinvolge, che apre il cuore alla speranza e che prospetti la nuova vita.

Chiesi dunque qualche notizia generica per inquadrare il fratello che ci ha preceduto in Cielo, poi, fatte alcune domande di carattere generale, finii per fare la domanda più importante: «Era credente suo padre?» Vidi subito che la mia interlocutrice cominciò a sentirsi in imbarazzo, quasi temendo di farmi un dispiacere o di dire un qualcosa di non rispettoso per suo padre. Con fatica rispose: «Forse no». Al che tentai di precisare la distinzione fra praticante e credente, cosa poco chiara per molte persone, ma poi capii che il suo “no” riguardava proprio la fede.

Lei sentì subito il bisogno di soggiungere che era buono, che aveva sani principi morali, che amava l’arte, la vita, la terra, che s’interessava un po’ di tutto e leggeva avidamente quanto lo potesse arricchire ulteriormente.

Mentre continuava su questo tasto, quasi a tentare di convincermi che era bene celebrare il commiato in chiesa alla luce della fede, mi si affacciava sempre più nitidamente la tesi del Cronin nel romanzo “Le chiavi del Regno”, ove si dice che c’è una strada diretta, facile e tranquilla, che porta al Regno, ma può avere le chiavi per aprire la sua porta anche chi imbocca una complanare, una strada sterrata o perfino un sentiero faticoso.

E pensai che molto probabilmente quel mio fratello aveva conosciuto ed amato Dio per quello che è possibile ad un pover’uomo e l’aveva amato attraverso l’arte, la bellezza; aveva insomma battuto questo sentiero faticoso per arrivare alla strada del Padre.

Il bel romanzo dell’autore inglese non offre di certo la certezza della Bibbia, ma a me offriva una chiave di lettura che mi metteva il cuore in pace e mi aiutava ad affidare quest’uomo alla misericordia di Dio, sicuro che il Signore aveva continuato ad amarlo così com’era, anche se alla domenica non era andato a messa e alla sera non aveva recitato il “credo”.

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