I legami con la mia vecchia parrocchia, dopo sei anni da che l’ho lasciata, si sono rallentati, però ci sono ancora. Io ho fatto di tutto per starmene lontano, avendo avuto la sensazione che la visione pastorale tra me e il mio successore, fosse decisamente diversa. Venivamo da due culture tanto lontane. Io, come matrice di fondo, provengo dalla dottrina dei “cristiani per il socialismo”, cioè un cristianesimo fortemente incarnato nella società, mentre lui usciva in maniera diretta dal movimento neocatecumenale, quindi da una visione religiosa intimista, poco o per nulla comunicante con le problematiche sociali.
Comunque credo di dover affermare, convinto, che la diversità arricchisce. Sono stato felice che la parrocchia abbia fatto per sei anni un’esperienza religiosa diversa da quella che io ho tentato di passare con tanta convinzione.
Mi sento più sereno perché talvolta mi pesava sulla coscienza d’aver offerto, alla gente che ho amato tanto, soprattutto un cristianesimo di stile orizzontale, ossia una fede che diventa soprattutto ed anzitutto solidarietà, presentando il Cristo dei poveri, degli ammalati, degli umili, un Cristo che si oppone ai prepotenti, che vive profondamente le vicende della sua gente. Don Danilo invece m’è parso che puntasse, in maniera privilegiata, alla lode a Dio, ad una comunità cristiana raccolta in se stessa, preoccupata anzitutto di tener viva la fiamma della fede tra i suoi membri, alimentandola con la preghiera e la lode e tenendola lontana dalle problematiche sociali che ai neocatecumenali interessano tanto poco.
Spero che queste culture diverse dello stile pastorale abbiano offerto un cristianesimo più completo e più ricco nelle sue sfaccettature.
Ora don Gianni offrirà pure lui un contributo specifico, una proposta cristiana che, pur rifacendosi alla grande tradizione della Chiesa, arricchisca ulteriormente la comunità, mettendo in luce sfaccettature pur diverse, ma che tendono a dare un’immagine sempre più profonda e vera del Cristo che prende volto nella parrocchia.