L’Europa, l’Italia, il Comune…

Anche quando uscirà questa pagina del mio povero diario spero che le cose delle quali ho pieno il cuore, e che mi preoccupano alquanto, siano felicemente risolte.

Ho osservato il silenzio perché ora non porto più la responsabilità della Fondazione Carpinetum che gestisce i Centri don Vecchi. Ritengo giusto che chi è al timone scelga la rotta e le modalità di condurla e che chi vi collabora non lo intralci, anzi favorisca in ogni modo il suo modo di raggiungere lo scopo. Ho poi grande fiducia e grande rispetto per il giovane “capitano” e perciò spero proprio che ci porti alla meta.

Grazie a Dio siamo riusciti, pur con qualche difficoltà, ad ottenere il finanziamento per il “don Vecchi 5”, destinato agli anziani in perdita di autonomia. L’assessore Sernagiotto ha ottenuto un fondo di rotazione di cui a noi sono stati destinati quasi tre milioni di euro, da restituire in 25 anni a tasso zero.

Sarà di certo un percorso di guerra quello di incassare concretamente la somma, perché alla burocrazia italiana dovremo sottostare; in questo nostro caso si è aggiunta quella europea.

Comunque, disponendo di collaboratori ormai abituati a percorrere gli itinerari tortuosi ed assurdi della burocrazia, credo che da questo lato ce la faremo. Mentre le difficoltà insorgono a causa del nostro Comune. La fruibilità di un terreno che la Fondazione possiede a Campalto è condizionata dal fatto che il Comune decida di fare o non fare la via Orlanda bis.

Il nostro Comune, anche in questo settore, si rifà al comportamento dell’asino di Buridano, che non riesce a scegliere. Allora ci ha ventilato, in alternativa, un’altra soluzione, ma anche per questa sta manifestando indecisione.

Intanto il tempo passa ed aumenta il rischio di perdere questa insperata e splendida opportunità. Oggi è in gioco il domani e la serenità di un’altra ottantina di anziani poveri e per di più alquanto acciaccati.

Io sarei stato per lo scontro frontale, per l’assalto mediatico all’arma bianca. Avrei portato alla sbarra dell’opinione pubblica l’indecisione e l’ambiguità di certi personaggi che tengono banco nella giunta comunale di Venezia. Appartengo infatti alla categoria del piccolo David che ha fiducia nella sua fionda e nei ciottoli del torrente, piuttosto nell’armatura pesante della diplomazia.

Spero, una volta tanto, di aver torto e che il guanto di velluto del nuovo Consiglio di amministrazione raggiunga lo scopo senza ferite e “spargimento di sangue”. Sarò quindi ben felice se la Fondazione otterrà, prima della scadenza del tempo, la superficie alternativa a quella che abbiamo indicato alla Regione. Se così non avvenisse, “non ci saranno santi che tengano”: attaccherò con ogni mezzo chi si è offerto di governarci e ora non ha più coraggio di farlo.

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