La causa dell’infelicità

Quest’oggi la mia catechesi alla quarantina di fedeli venuti nella mia “cattedrale tra i cipressi” a pregare per i loro cari defunti s’è rifatta al brano del Vangelo che narra di quei volontari che non riuscendo a portare davanti a Gesù un povero paralitico, non si fermano al primo ostacolo e calano dal tetto il lettuccio di quel malcapitato. Al mattino, quando avevo letto il brano per fare la mia meditazione durante la messa, sono stato per qualche tempo indeciso se parlare del volontariato, che non può ridursi a fare un po’ di bene senza impegnarsi troppo, ma deve tendere sempre a risolvere i problemi. Poi, dopo un attimo di esitazione, ho optato per un altro argomento che ho ritenuto più importante e perfino più attuale.

Tutti conoscono come andò a finire l’impresa di quei quattro volontari. Una volta calato dal tetto della stanza l’infermo, Gesù lo guardò negli occhi e disse: «Ti siano rimessi i tuoi peccati!». Noi ormai da venti secoli ci siamo abituati a questo racconto, però penso che quel malcapitato e i volontari che avevano faticato tanto per aiutarlo, non solamente siano stati sorpresi, ma abbiano ritenuto, in cuor loro, che a loro e alla gente dal comune sentire, interessasse poco, o forse nulla, quel discorso da Chiesa, forse accettabile solo all’interno di una confraternita da iniziati.

Credo che Gesù abbia voluto invece ribadire che il peccato, che nella sua sostanza è disordine personale e sociale, frattura del delicato ordine umano e sociale, è la vera causa dell’infelicità, del “male oscuro” che incupisce la vita personale e sociale anche del nostro tempo.

La gente di oggi ha perduto la cultura e la coscienza del peccato, inteso nella sua accezione esistenziale, ossia “rottura dell’ordine” e per questo motivo neppure si sforza di ricomporre il complesso equilibrio interiore e sociale che invece, osservato, porterebbe serenità, pace ed armonia in ogni rapporto.

Mi rendo perfettamente conto che oggi perfino ai preti sfuggono gli effetti nefasti che “il peccato” produce fatalmente.

Ricordo una riflessione di un prete il quale affermava che se tutti gli uomini si mettessero d’accordo, che a partire da una certa data, tutti avessero osservato bene i comandamenti, da quel giorno quella società e quelle persone sarebbero stati felici.

Tanti pensano che la ricchezza, il successo, la salute e l’amore siano motivo di felicità, però credo che più ancora la pace della coscienza è fonte più certa di benessere umano e sociale.

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