Mio fratello Luigi ha dovuto chiuder bottega

Non passa settimana che non appaia sui giornali il triste “bollettino di guerra” nel quale vengono comunicate le “perdite subite” nelle aziende d’Italia. Ormai si contano a decine o centinaia le chiusure di piccole aziende sorte dall’iniziativa, dalla laboriosità e dallo spirito di sacrificio di certi operai o capomastri intelligenti e volonterosi che si sono messi in proprio; spesso piccole aziende estremamente efficienti che hanno prodotto lavoro e ricchezza per il nostro Paese, e soprattutto hanno formato una schiera di operai specializzati competenti e con comportamenti professionali sani e laboriosi.

Quando leggo queste notizie rimango amareggiato e preoccupato che l’Italia sperperi e si privi di quella che è la sua autentica e specifica ricchezza, non avendo essa giacimenti di petrolio o miniere di metalli preziosi. D’altronde i mali di questo nostro povero Paese sono talmente tanti, che si arrischia di abituarsi a questi “necrologi” aziendali.

Quando però la notizia tocca da vicino, essa diventa un vero dramma. Mio fratello Luigi, col 31 dicembre, ha chiuso l’azienda di falegnameria che mio padre ha aperto ottant’anni fa e che lui ha condotto brillantemente e con successo fino all’altro ieri. L’età di mio fratello, ma soprattutto le tasse, e più ancora la terrificante normativa e burocrazia che vige per l’impresa familiare, trattata come una multinazionale, l’ha costretto a chiudere.

Io, tornando a casa, non sentirò più il profumo dell’abete o del larice appena tagliati, la “musica” della pialla o della sega a nastro, e per uno come me che ha passato la sua fanciullezza tra i trucioli, a scaldare la colla caravella e a raddrizzare i chiodi storti per riutilizzarli, sarà come sentir morire una lunga parte della vita. Per mio fratello sarà poi un dramma che renderà triste la sua vecchiaia.

La bottega della mia famiglia ha cominciato a morire però ormai da anni, quando sindacati e Stato hanno fatto scomparire l’apprendistato, preferendo che all’artigiano subentrasse l’operaio alla Charlot, parte integrante di una catena di montaggio, facendo così scomparire l’artigiano è il “parente prossimo” dell’artista, per farlo diventare una “rotella” della macchina anonima.

Mi sarà più triste tornare a casa non trovando più gli odori e i rumori del mio passato. Il mio “piccolo mondo antico”, povero ma vivo e bello, è ormai morto, anzi fatto morire, e così l’Italia sarà ancor più povera.

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