Per tanti anni ho ritmato l’attesa trepida del Natale sul “Sabato del villaggio”, la dolce poesia imparata da fanciullo. E’ proprio vero che l’attesa di ogni evento lieto ha un suo profumo particolare; essa offre al cuore un qualcosa di indefinibile che sa di sogno, desiderio e speranza.
Forse talvolta la vigilia è già di per se stessa un qualcosa di così bello che è quasi un dono a sé stante, forse persino più dolce della festa stessa. Da vecchi però lo stupore, il desiderio, hanno bisogno di essere alimentati con particolare intensità, perché pare che il cuore si sia scaricato e non sia più capace di emozioni calde.
Questo era lo stato d’animo con cui quest’anno ho tentato di prepararmi a vivere il Natale, nel ricordo delle tante vigilie di Natale vissute con struggente attesa del giorno più caro dell’anno.
Quest’anno un paio di giorni prima di questo lieto evento mi è stato chiesto di celebrare un funerale proprio il giorno della vigilia. Per un attimo ho provato quasi disagio e desiderio di rifiuto. Passata però l’iniziale perplessità, ho pensato che avrei potuto compartecipare con la persona a cui avrei dato l’ultimo saluto, al suo splendido e definitivo Natale celeste. Questo pensiero ha addolcito la nota amara della mia vigilia.
Sennonché, all’ora fissata, i necrofori portarono all’altare, già addobbato per la festa, la povera bara di abete dipinto e mi dissero che temevano che non sarebbe venuto nessuno. E fu così! Nella mia piccola chiesa, che pur offre la calda ospitalità di una baita di montagna, mi trovai io, la bara, Cristo nel tabernacolo e le duecento sedie vuote.
Chiesi a suor Teresa, impegnata per i preparativi del Natale, di dar volto ai parenti, alla città, alla chiesa universale, per l’ultimo saluto a quella figlia di Dio. Noi due, in solitudine, abbiamo presentato al Signore quella creatura di cui conoscevamo soltanto il nome.
Confesso però che quella solitudine, quel silenzio, mi han fatto sentire più che mai il bisogno assoluto che Dio sia con noi, che non ci abbandoni alla desolazione di un mondo ogni giorno più anonimo, fatto di persone tutte ripiegate su se stesse ed incapaci anche dell’ultima occasione per essere solidali.
Durante il rito è riaffiorata più volte la preghiera “Vieni Signore Gesù, abbiamo bisogno di Te”. Forse era da tanto che non pregavo con tale intensità.