La nostra assurda burocrazia!

Ho l’impressione che i danni portati dall’utopia nata da Marx nell’ottocento siano veramente immensi, superiori di certo a quelli macroscopici rilevati dai più, ossia la perdita della libertà, la miseria a livello economico e la barbara repressione di chi non si allineava alla politica della Nomenclatura. Questi danni non si sono registrati solamente nei paesi in cui questa ideologia è andata al potere, ma hanno pure investito, contagiato e danneggiato anche chi non ha subìto il giogo del potere proletario, anche le nazioni con governi a conduzione liberale.

Faccio un esempio. I paesi soggetti alla dittatura del proletariato erano vessati non solamente dalla classe politica che governava, ma pure da burocrazia che aveva raggiunto livelli parossistici. Basta leggere “La fattoria degli animali” di Koestler per averne una prova lampante. Purtroppo la mentalità e lo stile burocratico tipico dei Paesi dell’Est ha appiattito e mortificato anche l’amministrazione politica del nostro Paese che, fortunatamente, non ha fatto un’esperienza diretta di qualche dittatura.

La mentalità burocratica è giunta da noi come l’influenza asiatica o la spagnola, togliendo respiro e spazio vitale all’avventura e all’imprenditorialità. Quando qualcuno tenta di aprire una piccola azienda, s’impegna in una qualsiasi iniziativa, la burocrazia del Comune, della Provincia, della Regione, dello Stato e del parastato, appena se ne accorge lo blocca, l’avviluppa in una serie di norme, di adempimenti e di carte che se egli non è un eroe, è costretto a cedere o a sopravvivere miseramente.

Forse questa realtà funesta, ereditata dall’utopia marxista, che vedeva lo Stato come la nuova divinità, che doveva provvedere a tutto, ha influenzato soprattutto i giovani, ma anche i meno giovani che appaiono abulici e senza iniziativa.

Da qualche tempo sto osservando un signore, che credo sia uno dei tanti che non riesce a sopravvivere con la sua misera pensione, che s’è inventato un’attività per sbarcare il lunario. S’è preso un “Doblò” ed avendo capito le difficoltà degli anziani delle case di riposo di spostarsi con i mezzi pubblici, armatosi di pazienza, disponibilità, cortesia e generosità, trasporta gli anziani del “don Vecchi” e di altre strutture alle visite mediche, alle terapie, rappresentando un’opportunità quanto mai utile per gli anziani.

Io non so se servano permessi e quali, per fare questa attività, e neppure so se egli li possegga, ma sono certo che se la burocrazia se ne accorge renderà la vita dura, se non impossibile, a questo “libero imprenditore” che ha risolto il suo problema di vivere e quello degli anziani di spostarsi.

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