Già molti anni fa un mio caro parrocchiano che era presidente della Camera di Commercio di Venezia, mi aveva dato la tessere dei commercianti ad honorem per i “meriti” che, secondo lui, avevo acquisito per la costruzione dei Centri don Vecchi. Qualche settimana fa la Fenacom ha replicato!
L’associazione “Cinquanta e più” che si occupa, dei commercianti in pensione, ma anche di tanti altri operatori, in una solenne cerimonia, tenutasi nella splendida sala dell’antica scola veneziana di san Giovanni evangelista, ha consegnato un riconoscimento a tutti i benemeriti che da decine di anni s’erano impegnati, o sono ancora impegnati, in attività commerciali.
Per tale incontro sono stato invitato anch’io, quale “imprenditore di Dio”, che da oltre mezzo secolo m’arrabatto a favore dei poveri. Sono stato felice di vedere come questi piccoli imprenditori del commercio, che nelle loro botteghe sono impegnati senza orari e senza ferie, si danno da fare da mane a sera per mantenere in piedi le loro traballanti attività per offrire ai concittadini servizi indispensabili per il buon vivere, ricevevano un riconoscimento per il loro impegno.
In Italia non solo i capitani d’industria, i managers di grandi aziende, ma anche tutti questi coraggiosi, infaticabili ed eroici imprenditori di piccole aziende familiari, costituiscono l’autentica ricchezza del nostro Paese.
Ricordo con quale orgoglio mio fratello un paio di anni fa ha accolto un riconoscimento del genere, per la minuscola falegnameria artigianale che mio padre aveva iniziato settant’anni fa.
Confesso che sono stato felice che i dirigenti di queste associazioni di anziani del piccolo commercio mi abbiano assimilato, riconoscendo la fatica, il rischio, la solitudine e l’impegno che da più di mezzo secolo mi hanno accompagnato nel tentativo di tradurre nella concretezza il comandamento di Dio di impegnarsi a favore del prossimo in difficoltà.
Forse non so se sia stato più felice o più sorpreso che questo riconoscimento mi sia giunto da questo mondo che ben conosce la fatica e il rischio di affrontare ogni giorno mille difficoltà di chi opera concretamente, piuttosto che dai responsabili della “mia congregazione” che per mandato e per scelta dovrebbero essere i più sensibili e coloro che dovrebbero maggiormente riconoscere ed incoraggiare gli operatori di questo settore vitale del vivere da discepoli di Cristo.