Più volte ho ribadito la mia profonda convinzione che il cittadino, e soprattutto il cristiano, debba impegnarsi e adoperarsi per il bene della collettività. Se uno vuole avere dei servizi da parte dell’apparato statale deve concorrere perché esso lo possa fare. Chi rivendica solamente diritti e servizi standosene alla finestra a guardare e rimanendo con le mani in tasca è un illuso o, più facilmente, un egoista ed un ipocrita. Il servizio per il bene comune la nostra società lo definisce con un termine antico: “politica”, ossia impegno per la città nel senso più lato della parola.
Sono quindi assolutamente d’accordo con il presidente Napolitano quando afferma che l’impegno politico è in se stesso qualcosa di degno, nobile e alto. Però il triste è che gli uomini che attualmente gestiscono nella nostra nazione questa nobile mansione, che si rifà al comandamento evangelico “ama il prossimo tuo come te stesso”, sono in gran parte dei mestieranti interessati, preoccupati solamente di garantirsi lauti proventi e promuovere la loro parte per mantenere questa posizione di privilegio anche in futuro.
Credo che in passato raramente in Italia si sia provato un sentimento di disistima, di rifiuto e di disprezzo per una classe politica così partigiana, litigiosa, inconcludente, arrogante, arruffona ed incline ad ogni compromesso qual’è quella che oggi governa in Italia. Pare che la stragrande maggioranza dei cittadini sia nauseata e delusa, ma non riesce a disfarsene nonostante si affermi che in Italia vige il sistema democratico.
Pure il Papa ha raccolto questo sentimento di disagio universale e più volte ha auspicato una nuova classe politica fatta da membri della nuova generazione non ancora compromessa e squalificata. Il mondo cattolico pare che finalmente stia muovendosi. Recentemente s’è riunito in un convento a Todi per confrontarsi sulle possibili soluzioni.
L’iniziativa m’è sembrata un germe di speranza seminato in terra d’Italia, però confesso che ha creato un sentimento di disagio la presenza del cardinal Magnasco con la sua papalina rossa in capo ad offrire la sua mano inanellata per ricevere un reverenziale baciamano: gesto ormai fortunatamente fuori moda. M’è sembrata una intromissione un po’ intrigante di un clericalismo che tarda a morire.
Rimango convinto che preti, vescovi e Papa abbiano il nobilissimo compito di annunciare princìpi, di indicare orizzonti aperti, di promuovere utopie, lasciando ai laici ed onesti mediare in soluzioni concrete tali obiettivi per creare una nazione più sana e governi più tesi al bene comune.