Attualizzare il detto di Gesù “Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”

Il Signore ti fa incontrare delle persone o ti fa fare delle esperienze che, se colte con spirito aperto e disponibile, ti possono essere di grande aiuto per tutta la vita.

Mi rifaccio ad uno di questi incontri, di mezzo secolo fa, che mi aiuta ancora. All’inizio del mio ministero sacerdotale, una delle cose che mi impegnavano e mi preoccupavano di più era il sermone domenicale. Tentavo ogni settimana di metterci, come è dovere di ogni prete, il meglio di me, ma rimanevo sempre preoccupato, avendo spremuto a fondo le mie risorse interiori per ogni predica, per che cosa avrei potuto dire l’anno successivo quando si sarebbe presentata puntualmente la stessa pagina del Vangelo.

Monsignor Da Villa, il mio parroco di allora, mi rasserenò, assicurandomi che la Parola di Dio è sempre nuova e perciò ogni volta che l’avessi incontrata mi avrebbe offerto una verità ulteriore.

Di fatto è sempre così. Qualche domenica fa mi è capitato di commentare la pagina del tributo da dare a Cesare e quello da dare a Dio. Da sempre avevo sentito commentare che Gesù voleva dire che è doveroso pagare le tasse allo Stato e a Dio con la preghiera. Cosa che sempre mi era apparsa semplicistica e meschinella.

Quest’anno, leggendo il brano, mi è parso che mi dicesse: “Cesare rappresenta la comunità, più o meno grande che sia, ed ognuno non può pretendere da essa prestazioni e servizi se non dà a sua volta il proprio apporto perché la comunità siamo noi, la formiamo noi. E qui il discorso mi pareva che filasse quanto mai, fosse più comprensibile e razionalmente accettabile.

Pensando però alle ingiustizie, agli sperperi, alle disuguaglianze di certe comunità, specie la più grande, qual’è lo Stato (avevo infatti appena letto che un dipendente della Regione Sicilia percepisce “legittimamente” una pensione di 1300 euro al giorno) capii quanto fosse altrettanto giusta l’affermazione di Gesù “date a Dio quello che è di Dio”. Di Dio è la giustizia, la misericordia e perciò il cristiano, il cittadino, l’uomo, deve operare e pretendere che lo Stato, inteso come collettività, sia uno Stato giusto, attento ai più deboli, forte con i più furbi e perciò questo secondo dovere è altrettanto importante quanto il primo.

Solo per questo abbinamento il discorso mi diventava razionalmente comprensibile ed accettabile. Mentre, se non ci fosse questa correlazione, ciò che lo Stato pretende risulterebbe una sopraffazione ed un’ingiustizia.

Con questa lettura, che almeno per me risulta nuova, ho compreso più a fondo la validità dell’affermazione di Cristo. Molto probabilmente quando tra tre anni mi capiterà di leggere lo stesso brano, capirò ulteriormente la valenza di un altro discorso di Cristo che afferma: “Cercate per primo il Regno di Dio e la sua giustizia e tutto il resto vi giungerà in sovrappiù!” Pagare le tasse senza pretendere ed operare che lo Stato sia sobrio, scrupoloso e giusto non mi pare sia nel pensiero di Cristo.

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