Come ogni stagione ha la sua ricchezza di colori, di armonie e di bellezza, così sono convinto che avvenga nelle “stagioni” della fede.
Soltanto chi è vissuto a lungo si accorge delle primavere o degli autunni della fede. Il passaggio dall’estate all’inverno avviene in maniera lenta e graduale, per cui neanche ti accorgi delle mutazioni, ma alla distanza di mesi avverti che il paesaggio è profondamente mutato.
Una decina di anni fa s’imponeva all’attenzione del mondo cristiano la “teologia della liberazione”. Questo movimento di pensiero si è sviluppato in maniera sorprendente e rigogliosa tra le comunità cristiane del Centro America. Questa riflessione culturale, che ben presto lievitò anche la sensibilità sociale e cominciò ad aggredire anche la politica, si fondava sulla tesi che il messaggio cristiano aveva come compito principale quello di liberazione dell’uomo dai condizionamenti, dai soprusi dei governi e delle classi dominanti che avevano ridotto alla miseria e a condizioni servili i loro popoli.
Ben presto questo movimento di pensiero non solamente si diffuse tra il popolo e i sacerdoti delle parrocchie, ma coinvolse anche l’episcopato del Centro America.
La gerarchia è intervenuta ridimensionando questa posizione teologica. Il Cristianesimo è una risposta alla vita nella sua globalità, ridurlo ad un movimento di promozione sociale è certamente impoverirlo. Resta però il fatto che la libertà dalla miseria e dai condizionamenti politici per poter esprimere le proprie idee e poter incidere sulla vita sociale, fa parte delle legittime attese dell’uomo.
Questa mattina, la presa di posizione di Gesù, che fa proprie le affermazioni del profeta Isaia (“Il Signore mi ha mandato ad annunziare ai poveri il lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, per rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia”) mi ha riportato alla teologia della liberazione. Mentre le leggevo, mi è parso che queste parole siano proprie di una nuova primavera della fede e siano indicative di un’altra stagione di cui tutti dobbiamo tener conto.
Oggi l’impegno per “liberare l’uomo” dovrebbe essere un mandato del quale ognuno si senta investito, se vogliamo vivere coerentemente la stagione del nostro tempo.