L’arcobaleno mi emoziona

Ogni tanto riscopro in fondo al mio animo emozioni provate nei tempi lontani e che con sorpresa ricompaiono, riaffiorando da spazi interiori che non sapevo quasi più di avere.

Qualche giorno fa me ne ritornavo a casa, percorrendo la circonvallazione che dal nuovo ospedale conduce velocemente al don Vecchi.

Ero entrato in ospedale quando incombevano, sulla periferia che incontra i primi campi ancora coltivati, dei nuvoloni neri, bassi e cupi e stavano cadendo i primi goccioloni pesanti di pioggia.

Entrato in ospedale incontrai un’atmosfera dolce e serena nel giardino pensile bello ed accogliente, come ci trovassimo in una isola del Pacifico.

Celebrai assieme ad un gruppetto di degenti che, con me, chiedeva al Signore salute e serenità per i tanti ospiti accomunati dalla preoccupazione e dalla sofferenza.

Ripresi la mia vecchia Fiat, dopo aver passato i vari check-point, per uscire sono sbucato sul nuovo vialone che prima punta, per un breve tratto, a nord e poi volta a destra conducendomi in un battibaleno al don Vecchi. Il cielo era ancora un po’ cupo ma uniforme e sulla grande volta del cielo mi apparve quasi per incanto l’arcobaleno, nitido, enorme con i colori della pace. Era talmente grande che pareva che nascesse da piazza Grande di Treviso e terminasse, dopo l’alto arco, in piazza Ferretto.

Provai un’emozione profonda a questa visione insolita; ritornai indietro di almeno settant’anni ritrovando la meraviglia, lo stupore, la certezza che il buon Dio si è rappacificato con noi, ha desistito dal proposito di punirci e ci riprometteva un domani più sereno.

Ho dimenticato le nozioni di fisica sulla rifrazione ed ho abbracciato frettolosamente la visione biblica del mondo.

Sono tornato certo che il nostro domani sarà più bello.

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