Il Gazzettino di un paio di mesi fa ha dedicato un piccolo riquadro, nella parte alta della pagina della cronaca di Venezia, alla morte di Bruno Bertoli. Una notizia scarna e sbrigativa sulla vita e sulla fine di questo sacerdote veneziano.
Don Bruno meritava certamente molto di più perché è stato un protagonista nella nostra Chiesa, soprattutto nell’epoca immediatamente successiva al Concilio Vaticano Secondo, quando la Chiesa sembrava un prato tutto pieno di germogli.
Don Bruno s’era schierato dalla parte di chi ha sognato un rinnovamento radicale e che fu soccombente, non per questo non rimase fedele al suo servizio pastorale e non per questo cessò di dare il meglio di sé, anche se la Chiesa veneziana prese un indirizzo diverso da quanto questo sacerdote serio ed intelligente sognava.
A quel tempo don Bruno seguiva la gioventù studentesca e in particolare la Fuci, movimenti che in quella stagione della Chiesa volevano una svolta estrema, significativa e la volevano subito e decisa.
Il Patriarca di allora, che era il cardinale Luciani, credo con vera sofferenza, non poteva recepire completamente le attese di questo gruppo di avanguardia, perché non poteva rompere col gruppo più numeroso della tradizione. Lo scontro fu aspro e l’incomprensione forte, tanto che il Patriarca Luciani si vide costretto a chiudere quel movimento e quella associazione giovanile.
Don Bruno chinò il capo e, pur con infinita difficoltà a comprendere e condividere, tenne per sé le sue convinzioni e continuò a servire con umiltà e fedeltà la Chiesa veneziana.
Il dramma di questo sacerdote colto, intelligente, esperto della storia e della Chiesa, fine biblista e capace di dialogo con i giovani, si sviluppò anche a livello famigliare, in quanto il fratello don Giuliano, rettore del seminario, si schierò su posizioni opposte, seppure moderate, per non mettere a repentaglio la sopravvivenza del seminario.
La Chiesa veneziana perde con don Bruno Bertoli un sacerdote di vero spessore spirituale e culturale, un prete libero, profondamente partecipe della vita della Chiesa, certamente non allineato, per motivi di convenienza e, meno ancora, di carriera.
Ho la sensazione che con la morte di questo prete la Chiesa di Venezia sia più povera. Non mi resta che sperare che la sua splendida testimonianza sia d’esempio e di stimolo per chi rimane.
Ho letto, con ritardo, e con grande costernazione della morte di don Bruno che ho conosciuto negli anni quando “la Chiesa sembrava un prato tutto pieno di germogli”, quando a S. Pantalon si riuniva la comunità dei “reietti” pieni di speranze. Poi il tempo ha fatto il suo corso e le strade si sono divise. Spesso tuttavia ho ricordato questo prete dal sorriso che disarmava e nei suoi libri che ho avuto modo di citare. Don Bruno é uno dei tesori umani che la vita mi ha concesso assieme al fratello sacerdote che tanta parte della mia vita di scout ha accompagnato.Riposa in pace, ora si, caro don Bruno.