Don Gianni a Carpenedo

Mentre ero a tavola mi ha raggiunto la telefonata di un mio caro amico, giornalista al “Gazzettino”: «Don Armando, questa sera sarà formalizzata la nomina di don Gianni a parroco di Carpenedo!»

Per me è stata veramente una bella notizia! Mi spiace per don Gianni, il parroco – diciamo pure – “vulcanico” di San Lorenzo Giustiniani, che in pochi anni ha galvanizzato quella parrocchia quieta e sonnacchiosa, facendone una comunità nuova, rigogliosa e promettente, e che ora dovrà bruscamente abbandonare.

Più volte mi ero recato a vedere come don Gianni aveva trasformato ed abbellito la chiesa e trasformato quel fazzoletto di scoperto adiacente alla canonica in una specie di arca di Noè per i suoi ragazzi. A molti sembrava che quella parrocchia, nata da un dono di Papa Roncalli e dalla furbizia di un proprietario di terra, il quale valorizzò il suo terreno donandone un pezzettino per la chiesa, fosse destinata ad una vita striminzita e senza domani.

A tutti, per molto tempo, parve una parrocchia decentrata e destinata alla solitudine, ma l’arrivo di questo giovane prete, che aveva fatto una splendida esperienza nella comunità di Chirignago, fece il miracolo di “far fiorire il deserto”.

Mi è capitato di vedere il grest, il patronato, le prime comunioni, la canonica sventrata per far sedi per i ragazzi e m’è parso di vedere vita, innovazione, fiducia nel domani ed ho capito che quel giovane prete spilungone e dagli occhi un po’ spiritati, che spesso porta la tonaca e d’inverno il tabarro, aveva anima e coraggio, determinazione e volontà di spendersi. Più di una volta ho avvertito che eravamo sulla stessa lunghezza d’onda.

Venendo egli a Carpenedo, mi sembrerà che il vecchio cuore della parrocchia che fu mia per tanti anni ricominci a battere a ritmo intenso, quel ritmo che ho avvertito per quasi mezzo secolo. La notizia mi ha rallegrato, ho avuto la sensazione di aver ritrovato la famiglia di un tempo, di cui potrò essere anche un trisavolo che guarda, seduto nella seggiola accanto al fuoco, però compiaciuto e felice di respirare aria di casa.

La notizia poi mi ha fatto riaffiorare il vecchio sogno e il progetto, non totalmente abbandonato, che finalmente Dio e il prossimo possano tenersi per mano e che la comunità parrocchiale possa camminare finalmente in maniera armoniosa in modo che il passo della fede e quello della solidarietà si alternino e procedano in perfetta armonia sorreggendo il corpo di Cristo che finalmente s’offre agli uomini di oggi nel suo vero splendore di figlio di Dio e di figlio dell’uomo.

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