Un tempo vivevo nella parrocchia di San Lorenzo, ove eravamo in parecchi preti. Un mio collega, che faceva l’uomo di sinistra a livello politico e di fronda a livello ecclesiale, affermava che lui era decisamente schierato per la democrazia, ma a patto che a capo ci fosse un forte leader.
A quel tempo io ero convinto che, tutto sommato, egli auspicasse una soluzione, che essendo difficile da realizzarsi, gli permettesse di fare quello che meglio gli comodava. Oggi invece penso che non avesse tutti i torti, perché oggi ci troviamo di fronte a governi che non sanno scegliere, non sanno imporsi sugli irrequieti, sugli eterni scontenti o sugli interessati di turno. Oggi pare che non nascano più dei Cincinnato che abbiano il coraggio di dire: “Io credo in questa soluzione, se non vi vado bene tornerò a lavorare la terra; se mai un giorno riterreste d’avere bisogno di me, sono disponibile a mettermi a disposizione del Paese!”.
Oggi l’opposizione ufficiale pare che pretenda che la maggioranza governi come vuole lei. Ma pure nella maggioranza c’è una minoranza che ha la stessa pretesa. Chi poi è stato designato dal popolo a governare non ha il coraggio, la forza o la dignità di portare avanti la linea in cui crede e per cui è stato scelto, disposto a farsi da parte qualora la minoranza, esterna o interna, gli impediscano di portare avanti i suoi progetti; la conseguenza di tutto questo la paghiamo con le chiacchiere, l’immobilismo, lo scontento e, peggio ancora, con la progressiva perdita di fiducia nella democrazia.
Questo stato di cose svuota dall’interno il regime democratico. Pur rimanendo vero che “la peggiore democrazia è ancora da preferirsi alla miglior dittatura”, credo che se vogliamo liberare il nostro Paese dall’empasse in cui è caduto e dentro cui sta avviluppandosi come una mosca nella ragnatela, dobbiamo trovare il modo per reperire dei governanti più liberi e con maggiore dignità e che abbiano una spina dorsale più consistente.