Un mio coinquilino del “don Vecchi”, essendosi accorto che la mia vecchia Fiat Uno perdeva i pezzi, mi ha regalato una Punto usata ma in ottimo stato. Questa mia attuale vettura, tutta bianca, ha un aspetto dignitoso e non è neanche così vecchia da far collocare il suo nuovo proprietario nel passato dei tempi.
Alla relativa giovane età della vettura s’aggiunge il fatto che il proprietario precedente deve essere stato un maniaco dell’automobile. Il concessionario poi che ha mediato l’acquisto, un mio vecchio parrocchiano, mi ha quasi fatto arrossire di avere un’auto così bella e così nuova. Pensate che la mia Punto ha perfino la radio incorporata nel cruscotto, cosa che mai m’era capitata nelle auto precedenti che ho usato.
Spesso quando giro la chiave dell’accensione si accende pure automaticamente anche la radio. Quando ci sono le solite canzonette o quei programmi di intrattenimento banali e ciarlieri, chiudo. Quando però trasmettono notiziari o qualche programma che, per qualche verso, mi interessa, colgo due piccioni con una fava: percorro la strada “don Vecchi”-cimitero e ascolto anche qualcosa che arricchisce il mio spirito.
Qualche giorno fa fui attratto da una trasmissione il cui conduttore mi sembrava persino imbarazzato mentre cercava di attenuare l’irrompere aggressivo ed acido di un certo signor Odifreddi che ce l’aveva col Papa, con la religione e con Dio. Mai avevo saputo quanto fosse irriverente ed amaro questo signore che – seppi in seguito – è uno della pattuglietta degli atei militanti che in Italia, ultimamente, intervengono con uscite provocatorie, non ultima quella degli autobus genovesi con la scritta “Dio è morto!”.
Dopo la messa tornai a casa, un po’ turbato e contrariato perché non mi capita spesso di imbattermi in questa furia distruttiva di ogni valore. Quasi per respirare un’aria più sana e riconciliarmi l’animo guardando il creato, mi affacciai al mio piccolo terrazzino. Una signora l’anno scorso mi aveva donato una pianta grassa a forma di pallone, con delle spine micidiali; ebbene, durante la notte, erano sbocciati da quella palla verde, difesa da tanti aculei affilatissimi, sei fiori bianchi di una bellezza inimmaginabile, di un color latteo e di una delicatezza struggente, con una corolla di pistilli, uno dei quali, in ogni fiore, superava in altezza gli altri, quasi un’antenna tesa a cogliere un nonsoché.
Rimasi talmente colpito da tanta armonia e bellezza che usciva da quella palla verde, difesa da tante spine perché nessuno attentasse al suo splendore, che quasi istintivamente mi venne da dire a voce alta: «Ma dove vivi, caro signor Odifreddi? Non ti guardi mai attorno? Non hai ancora visto come il buon Dio si manifesta in ogni luogo ed in ogni momento attraverso la bellezza e l’armonia del creato? O sei cieco, caro signore, o altrimenti non puoi essere che matto! In ogni caso, vatti a curare!».