L’argomento non è nuovo, ma se non è nuovo è ancora ben presente nell’esistenza e nel pensare comune, sia dei poco o nulla credenti, come pure dei praticanti.
Gesù, in tutto il periodo che precede l’Ascensione e la venuta dello Spirito Santo nella Pentecoste, afferma più volte e in maniera nitida, che chi chiederà a Dio, nel suo nome, qualcosa di cui ritiene d’aver bisogno, sarà certamente esaudito. Tanti però, per esperienza personale, possono pensare che le cose non stiano così, perché hanno pregato eppure il Cielo è rimasto chiuso e in silenzio.
Ripeto che l’argomento non è nuovo, perché già sant’Agostino, che fu un santo onesto ed intelligente, sentì il bisogno di spiegare questo “rebus” che sembra smentire clamorosamente la promessa di Cristo. Ebbene, il grande e santo Vescovo di Ippona, figlio di santa Monica e convertito da sant’Ambrogio, afferma che quando avviene che non otteniamo ciò che chiediamo accoratamente a Dio, lo si deve – e qui adopera una frase latina concisa e facilmente memorizzabile – al fatto che siamo “mali” o perché chiediamo “mala”, o infine perché domandiamo “male”. Traduco: “mali” = siamo cattivi, in conflitto con Dio e quindi la nostra richiesta non merita risposta, “mala” = chiediamo cose non valide – solo Dio sa ciò che è veramente bene per noi, e infine “male” = chiediamo senza avere una fede sufficiente, ossia una fiducia totale nel Signore.
Da un punto di vista teorico pare che sant’Agostino abbia ragione, quindi nelle nostre richieste dobbiamo tener conto delle tre parole magiche: “mali, mala, male”. A me però rimane ancor più convincente una storiella che ho sentito e che spesso ho adoperato a proposito di questa questione.
In un certo paese di campagna una siccità prolungata stava letteralmente bruciando i raccolti. Allora, come si faceva anche nel mio paese natio, il parroco organizzò una funzione per chiedere la grazia della pioggia. A questo invito una ragazzina si presentò con un ombrello al braccio tra la sorpresa e la meraviglia dei suoi compaesani. «Non vedi che il sole picchia forte?» le chiesero. Al che la ragazzina, veramente credente, ribatté prontamente: «Ma non siamo venuti a chiedere al Signore la grazia della pioggia? Ho portato l’ombrello per non bagnarmi tornando a casa!» Talmente ella era convinta della risposta di Dio!
Mi viene in mente un pensiero di Trilussa, il famoso poeta che scriveva in romanesco: “La fede è bella, senza i ma, i chissà e i perché”.
Credere è fidarsi ciecamente di Dio, mentre le nostre richieste spesso, o quasi sempre, hanno il tarlo del dubbio.