Dato il mio stato di attuale seminfermità fisica, causato dalla caduta rovinosa di alcune settimane fa, e dal relativo busto metallico che sono costretto a portare, nella mattinata del 2 giugno, per ammazzare il tempo, mi sono concesso di vedere alla televisione la sfilata militare voluta fortemente da Napolitano per festeggiare ulteriormente i centocinquant’anni dell’unità d’Italia. Uno spettacolo, un autentico spettacolo di denaro pubblico sprecato in nome di una retorica patriottica d’altri tempi!
Mai avrei immaginato che l’Italia disponesse di tanti uomini in arme, di tanti mezzi bellici, di tante specialità e di tante divise e di tanti “eroi” con il petto carico di medaglie al valore!
Come spettacolo non è stato per nulla male, mi sono trovato a pensare alle divise dei soldati di Napoleone, o di quelli di re Franceschiello. Di divise ne sono sfilate di tutti i gusti, bella gioventù impettita – ragazzi e ragazze alla pari – gagliardi e gloriosi. Sciabole sguainate, ordini categorici gridati con decisione e movimenti dei soldati così ritmati che neanche le lancette di un orologio sarebbero più precise.
Ho pensato a quanti soldi sprecati, a quante energie e a quante giornate buttate via per niente. A che cosa può servire un esercito se non per ammazzare, distruggere e portare violenza?
Mentre si avvicendavano i vari corpi militari m’è venuto da pensare prima alla decisione saggia del Granducato di Lussemburgo che una decina di anni fa fa ha deciso di disfarsi dell’esercito mandando a rottamare carri armati e cannoni optando per un forte corpo di polizia per mantenere l’ordine pubblico e al dovere di usare la ragione per regolare i rapporti con gli altri Stati. Poi ho pensato ai volontari, che sono in assoluto i cittadini più nobili e meritevoli, ai quali lo Stato riserva il cinque per mille, collocandolo a suo piacimento e versandolo quando vuole, ma sempre in ritardo. Infine ai milioni di vecchi contadini ed operai che dopo quarant’anni di lavoro, che hanno prodotto non distruzione e morte ma ricchezza e benessere, che alla fine si ritrovano sempre meno di mille euro di pensione, quando non sono che solo cinquecento.
Tutto questo non poté farmi provare se non un sentimento di impotenza, desolazione e tristezza. Alla gente è certamente piaciuto lo spettacolo così variopinto ed inebriante. Neppure gli antichi romani erano nuovi a questi entusiasmi, è infatti nota l’amara sentenza “panem et circenses”, pancia piena e divertimento! Con questa massima però non nascerà mai un mondo migliore.