Il Centro Don Vecchi è e deve restare del popolo semplice

L’otto ottobre prossimo venturo, alle ore 11, era stato fissato che il Cardinale Patriarca avrebbe benedetto e inaugurato il “don Vecchi” di Campalto, offrendo una piccola ma confortevole dimora ad un’altra ottantina di anziani di modestissime risorse economiche. Gli appartamentini sono 64, ma alcuni sono destinati a marito e moglie o a madre e figlia.

Meno di cinque anni fa la Fondazione che ha realizzato la struttura, aveva in tasca solamente un sogno, un sogno però che nasceva dall’assoluta convinzione che ci si doveva impegnare non in rapporto alle risorse di cui si disponeva – che erano, a livello economico, nulle – ma partendo dalla consapevolezza del bisogno degli anziani meno fortunati.

In questi cinque anni scarsi, abbiamo trovato un terreno, abbiamo comperato una casa pur obsoleta, ma che aveva una preziosa destinazione alberghiera, una ricchezza, dato ch’era situata alle porte di Venezia. Abbiamo però rinunciato a questa opportunità, preferendo, coerentemente alla nostra coscienza, la struttura di solidarietà.

Abbiamo realizzato l’opera nonostante l’indifferenza assoluta degli enti pubblici, delle banche e degli amministratori della cosa pubblica. Mi correggo: il Banco di San Marco fu l’unico ente che ci ha donato mille euro, poi niente, assolutamente niente!

Ci siamo affidati al buon cuore e alla coscienza dei concittadini, quei cittadini che stanno pagando in prima persona i morsi della crisi. La gente ha condiviso il nostro progetto e ci ha finanziato con piccoli versamenti che partivano dai dieci ai cinquanta euro, da aggiungere alla generosità stupenda di alcune persone anziane, le quali hanno fatto quadrare i conti.

Chi inviteremo all’inaugurazione? Non certamente i notabili, ma soltanto la gente, la povera gente. A titolo simbolico consegneremo le chiavi della cittadella degli anziani ad alcuni operatori sociali che ci sono stati particolarmente vicini, hanno condiviso e si sono fatti carico del progetto, ma in realtà le consegneremo ad ogni cittadino perché il popolo semplice ed umile s’è impegnato in prima persona e noi vogliamo dire apertamente, il giorno dell’inaugurazione, a chi appartiene a questo popolo umile e generoso, che ci ha creduto, che la cittadella, il “don Vecchi”, è suo e come tale lo deve custodire ed amare e difendere da chi tentasse di farne occasione di lucro.

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