Il commiato cristiano ai fratelli che non praticano o non credono

L’ho confessato più volte che ora esercito il mio ministero di prete soprattutto celebrando funerali. E che cosa potrebbe fare altrimenti un prete che ha la sua chiesa nel cuore del camposanto? La cosa non mi dispiace affatto e non mi sento per nulla un prete frustrato, perché questo ministero mi dà modo di offrire le grandi e benefiche verità cristiane alle domande più vere che si presentano alla coscienza dell’uomo in occasione dalla realtà amara e temuta della morte.

Normalmente prendo contatto con i famigliari del defunto con una telefonata un paio di giorni prima del commiato. Oggi è tanto difficile trovare tempo per un incontro diretto. Dal breve colloquio faccio emergere il volto e la vita del fratello che l’indomani presenterò alla misericordia di Dio. In questo dialogo non manco mai di chiedere qualche notizia sulla religiosità del defunto. Poche volte si tratta di un cristiano praticante, quasi sempre i famigliari dicono che era veramente credente ma che praticava poco e, qualche volta ancora, mi capita anche di sentire che, pur essendo una brava creatura, non era credente.

Che fare allora? Penso che un prete da manuale dovrebbe dire che non è affar suo dare una cornice religiosa al commiato di una creatura che non può reagire o chiarire ulteriormente la sua posizione, né può però un “prete da strada” dare l’impressione di svendere le sue convinzioni. Pian piano ho elaborato un mio discorso che tiene conto dell’ambiguità della situazione. Comincio col dire che col battesimo il Signore ha riconosciuto il fratello che ci lascia come suo figlio (lo voglia o non lo voglia le prerogative e i diritti di figlio gli rimangono comunque). Continuo col citare una frase che Cronin, nel romanzo “Anni verdi” fa dire al vecchio parroco che rincorre l’adolescente che ha voltato le spalle alla fede: “Ricordati che se anche non ami Dio, Dio continua ad amarti ed attenderti comunque”.

Proseguo con la famosa frase di sant’Agostino con cui questo grande santo afferma che non è facile sapere chi serve veramente ed è amato da Dio, perché ci sono uomini che Dio stima per la loro autenticità, ma che non trovano spazio nella Chiesa, ed altri che non fanno che “paternostrare” da mattina a sera, ma che Dio non apprezza più di tanto perché non colgono e non vivono la sostanza della fede.

Infine concludo riferendo l’accoglienza che il Padre fa al prodigo, che di certo non era stato un figlio per bene. Aggiungendo che forse qualcuno sta lontano dalla fede perché ha conosciuto solamente il “Dio dei preti”, ma non quello del Vangelo.

Terminato il sermone, ho l’impressione che tutti ci sentiamo più vicini, più fratelli e più uomini di fede, e rasserenati circa la pace eterna del caro estinto.

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