Ormai la Pasqua ci sta molto alle spalle, ma il grande annuncio della vittoria del bene sul male, della vita sulla morte non è assolutamente legato al calendario, perché è una verità della quale anche gli uomini del nostro tempo hanno bisogno in ogni stagione dell’anno.
Quest’anno, in occasione della Pasqua ho avuto un’illuminazione in riferimento ai testi evangelici che affermano che la presenza di Cristo ai nostri giorni si identifica con la realtà dell’uomo povero e bisognoso di aiuto. Tanto che Cristo ci avverte che il giudizio finale che Dio pronuncerà nei nostri riguardi si rifà al rapporto positivo o negativo che noi avremo avuto con i fratelli in difficoltà.
“Avevo fame, avevo sete, ero ignudo, ammalato o in carcere e tu mi hai dato da mangiare, da bere, mi hai vestito…. ” oppure “e tu non mi hai dato un pane, un vestito, non sei venuto in prigione o in ospedale a portarmi conforto”.
Questo identificarsi da parte di Cristo nelle vesti e nelle situazioni esistenziali del povero, mi carica di una responsabilità gravissima, perché quando volto le spalle ad un povero, allora non dico di si o di no ad un “pincopallino” qualunque, ma lo dico a Cristo figlio di Dio!
Riflettendo sul “Mistero dell’incarnazione”, mi sono detto: “se questo vale per l’uomo “povero”, nel quale io sono chiamato a vedere Cristo, deve valere anche per l’uomo “ricco”, ossia l’uomo onesto, giusto, pacifico, libero, autentico, misericordioso. Perciò il Cristo della vittoria del bene e del male, il Cristo della resurrezione lo posso e lo debbo incontrare nell’uomo che vive sostanzialmente le ricchezze del Cristo vittorioso.
Seguendo questo filone di idee, ho cominciato a sentirmi ancora più fortunato degli apostoli, perché mi capita da mane a sera di incontrare uomini e donne, bimbi e vecchi che portano nello sguardo, nelle parole e nelle scelte di vita i segni del Cristo vittorioso.
Questa dimestichezza con il Cristo della Resurrezione, che veste e parla come noi, ma che soprattutto vive con noi, mi riempie di grande consolazione, di ottimismo e di fiducia, perché mi fa consapevole che il Signore vittorioso è costantemente presente, è ben radicato nella nostra società e soprattutto continua a crescere ed a manifestarsi a noi.
La mia “teologia” forse non farà scuola nelle università ecclesiastiche, ma fortunatamente mi aiuta a vivere, credere e sperare.