Qualche mese fa è morta Adriana Zarri. Non credo che il gran mondo la conosca, un po’ di più è conosciuta dai cattolici del dissenso, perché questa studiosa della Sacra Scrittura e questa cristiana militante scriveva su “Il manifesto” e condivideva molte delle tesi culturali della sinistra ed era molto critica nei riguardi delle prese di posizione delle gerarchie della Chiesa.
In occasione della morte, anche i periodici di ispirazione cristiana hanno liquidato velocemente la notizia con titoli un po’ guardinghi e con la preoccupazione della riserva: “Adriana Zarri, credente fuori delle righe”.
Io ho letto la notizia con qualche interesse perché più di mezzo secolo fa avevo letto un suo libro sui sacerdoti dal titolo “Servi inutili”, un titolo che si rifaceva ad una affermazione di Gesù, la quale sottolineava la grande verità che solo Iddio è il protagonista della storia, l’uomo semmai ne è un povero strumento. Il volume viaggiava su questa tesi, ribadendo il concetto che il prete è una creatura preziosa e sublime nella misura in cui si fa strumento docile e maneggevole nelle mani di Dio.
Dalla lettura mi è rimasto il ricordo di un testo edificante ed utile, a livello ascetico, per i sacerdoti. Ma dalla posizione ideale di Adriana Zarri a quella con cui ha chiuso la sua giornata umana pochi mesi fa “ne è passata di acqua sotto i ponti”. La Zarri fu una militante cristiana atipica, dura come l’acciaio. Sostenne tesi anche in aperto contrasto con le posizioni della Chiesa cattolica, pur rimanendo integerrima nella sua fede. Scrittrice brillante, ricca di logica, di cultura, ma insieme di poesia e di sentimento, cercò il difficile dialogo con la cultura laica del nostro tempo e, assecondando tesi che il cattolicesimo ufficiale non condivide, riuscì a parlare del suo Dio, tanto amato e ricercato, anche in ambienti assolutamente impermeabili a questo discorso, eppure capaci di donare al mondo attuale, magari incoscientemente, aspetti autentici del volto di Dio.
Una carissima alunna delle magistrali di circa quarant’anni fa ha regalato al suo vecchio ma non dimenticato insegnante, l’ultimo libro della Zarri “Un eremo non è un guscio di lumaca”, in cui essa racconta la sua esperienza di eremita “sui generis”. Sono all’inizio del volume, ma già mi rendo conto che anche “l’altra sponda” possiede raggi di quell’unico sole che illumina un po’ tutti.