A Pasqua chiudono il cimitero, luogo del mio ministero, a mezzogiorno, per cui potevo godere di una mezza giornata di riposo.
Nel primo pomeriggio mi sono concesso un’oretta di televisione, potendo così seguire una rubrica, condotta da quel simpatico e intelligente giornalista che io reputo essere Giletti. Ho acceso il televisore dopo il breve “pisolino”, quando ormai il programma era iniziato da qualche tempo, rammaricandomi di aver perso la parte iniziale della trasmissione. Era in corso un’intervista con l’ex direttore della sala stampa del Vaticano, Joaquin Navarro Valls, persona che è stata a stretto contatto con Papa Carol Vojtyla per più di vent’anni.
Giletti è certamente un giornalista sciolto, brillante e intelligente, oltre che ricco di umanità e il suo interlocutore medico e giornalista, altrettanto intelligente e preparato, ma soprattutto capace di tradurre in testimonianza palpitante le sue “confidenze” sulla vita e sul modo di operare di quel meraviglioso Papa polacco, prima immagine splendida di vitalità e poi icona della sofferenza.
Dall’intervista è emersa soprattutto la calda umanità del pontefice e la sua fede forte e capace di determinare ed illuminare la sua vita e il suo ministero.
Più volte mi sono commosso, leggendo nel volto tanto espressivo di questo “servitore della Chiesa” l’ammirazione incondizionata e l’ebbrezza, quasi, di poter offrire agli ascoltatori una immagine così bella e così alta del “Papa venuto da lontano”.
Nei miei ottant’anni di vita ho “incontrato” capi di stato, artisti, uomini di cultura e di scienza, che hanno attraversato, come meteore, il cielo di questo e dello scorso secolo, ma forse la figura più bella, più completa e più positiva è stata quella del nostro pontefice, che ha saputo tradurre il Vangelo di Cristo nell’unica lingua comprensibile e la più amata dagli uomini del nostro tempo l’autenticità.
La Chiesa si è macchiata di mille magagne, ma se è ancora capace di esprimere uomini del genere, rimane la realtà più importante e più positiva del nostro tempo.