Il dramma dei preti di oggi

L’opinione pubblica radicale pensa che il prete sia uno che rappresenta il passato meno nobile e che campa sull’ignoranza e sui pregiudizi di ceti meno acculturati e più retrivi della società attuale. Mentre la gente normale è convinta che il sacerdote sia ancora una funzione sociale tesa soprattutto ad educare le nuove generazioni a valori sani e condivisibili.

Le persone di questo ceto, che tutto sommato amano, in qualche modo, il sacerdote ed apprezzano la sua funzione sociale, immaginano che il sacrificio maggiore che la Chiesa richiede ai suoi preti sia quello del celibato, che pone il prete in una condizione di solitudine pressoché disumana.

Di certo anche questo è un problema, ma almeno per me, non il più grave. Da parte mia il peso maggiore per un sacerdote oggi, è quello di avere un messaggio, delle verità, delle proposte, una lettura della vita, e non possedere parole, schemi mentali e motivazioni facilmente comprensibili dalla nostra gente. Io ho spesso la sensazione di avere una proposta, ma di essere quasi un “muto” che non ha suoni per passarla agli uomini che ancora vengono in chiesa per attingere speranza e coraggio per vivere.

In occasione dell’ultima Pasqua, ancora una volta ho sofferto e penato molto, senza forse riuscire, almeno a mio parere, a spiegare che oggi possiamo fare incontrare gli uomini del nostro tempo col Risorto, nella misura in cui riusciamo a formare cristiani capaci di assimilare il discorso di Gesù, che con le parole e con l’esempio ha proposto l’uomo nuovo del Vangelo, l’uomo rigenerato, l’uomo della resurrezione, che ha vinto la prepotenza, la meschinità, la paura, l’egoismo avendo creduto in Dio amore, verità e vita.

Nel profondo del mio spirito baluginava quel giorno questa verità, ma credo d’aver faticato, con scarsi risultati, a donare la verità di questa proposta che superava positivamente “il miracolo della risurrezione” poco incidente nella vita dei fedeli. Questo per me è il più grosso dramma del prete, oggi.

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