In queste ultime settimane è stata annunciata con grande rilievo la nomina di mons. Beniamino Pizziol a vescovo di Vicenza, una delle più grandi ed importanti diocesi del Veneto.
Vicenza, con Bergamo e forse Padova, sono sempre state considerate come la Vandea d’Italia, come serbatoio dei voti della Democrazia Cristiana, delle vocazioni alla vita religiosa, dei “cattolici”, dell’associazionismo.
Il Papa e il nostro Patriarca hanno dimostrato di avere una notevole stima di questo confratello per avergli affidato uno dei “gioielli di famiglia” della Chiesa del Nordest.
La “carriera ecclesiastica” di don Beniamino s’è sviluppata un po’ in sordina: cappellano a San Lorenzo Giustiniani, alla scuola dell’intellettuale don Antonio Moro, parroco della miniparrocchia di San Trovaso, vicario generale di un Patriarca dal respiro internazionale, vescovo ausiliare di primo pelo e quindi vescovo di Vicenza “la bianca”, ora un po’ meno immacolata, ma ancora tendente al bianco!
Sono convinto che l’equilibrio, la semplicità, l’umiltà e la moderazione di “don Beniamino”, cresciuto in una Chiesa tranquilla, tra un clero individualista e sornione, libero ma fedele, l’aiuteranno ad essere un buon vescovo.
Ho pregato e continuerò a pregare per lui che ha accettato un “servizio” che a me metterebbe angoscia per le difficoltà immani che il cattolicesimo veneto dovrà affrontare se non vuole scomparire dalla scena. Spero che lo Spirito di Dio lo sorregga e l’aiuti ad essere un pastore buono, paziente ed esemplare. Mi fa ben sperare il fatto che, se è riuscito a farsi amare da un prete irrequieto, intransigente e polemico quale reputo di essere io, gli sarà più facile guidare un popolo ed una Chiesa che ritengo più quieta ed allineata.