Non so come avvengano i miracoli, né sono uno che li va a cercare a Lourdes o a Medjugorje, perché mi pare di non dovermi scomodare più di tanto; infatti mi capita di scoprirne qualcuno di splendido ogni giorno e in ogni dove.
Un famoso entomologo, il Faber, ha fatto un’affermazione veramente saggia e strabiliante quando ha scritto: “Io non ho bisogno di credere in Dio, perché lo vedo più volte al giorno ogniqualvolta butto il mio sguardo a destra o a sinistra, guardo in alto o in basso la natura e il creato!”. Io appartengo a questa categoria.
Al liceo, quando studiavo filosofia, ho imparato, condividendole, le cinque prove dell’esistenza di Dio formulate da san Tommaso d’Aquino; in aggiunta m’ha pure convinto la prova dotta di sant’Anselmo o la “Scommessa” di Biagio Pascal, però considero la natura e il mondo animale e, meglio ancora, l’uomo, come la prova più immediata e convincente dell’esistenza di Dio.
In questi giorni, parlando ai miei vecchi, nell’incontro infrasettimanale di riflessione e di preghiera, ho tentato di far loro da guida nella scoperta del miracolo della primavera. Io non sono una guida naturalista col patentino, perché non ho un linguaggio da poeta o da artista però, seppur in maniera maldestra, ho indicato loro i rossi intensi, i gialli dei millequattrocento tulipani che abbiamo piantato soltanto qualche settimana fa e che, come ad un ordine impartito con uno squillo di tromba, hanno aperto contemporaneamente le loro corolle, diventando la più ricca e varia di tutte le tavolozze dei pittori più insigni.
Li ho invitati a guardare con interesse i piccoli fiori multicolori del prato, la trapunta verde costellata da migliaia di margherite, ogni arbusto con un fiore di foggia e di colore diverso, concludendo: «Non avvertite l’abbraccio caldo e dolcissimo con cui il buon Dio si fa presente, ci manifesta il suo amore e il suo incanto?
M’è parso che anche i più vecchi, quelli che sono più sordi e rintronati, avvertissero la dolcezza dell’abbraccio del Signore e fremessero di una gioia struggente vedendo il miracolo più sublime che una creatura possa vedere.