Napolitano, il nostro Presidente, arrischia di passare alla storia per un suo intervento di questi ultimi mesi in cui è scoppiato il tormentone nei Paesi arabi dell’Africa settentrionale e in particolar modo in questi giorni per quanto riguarda la Libia. C’è però una qualche incertezza perché il Presidente ha usato una frase già sentita da tempo e che egli ha riciclato adattandola alla situazione contingente: “Non possiamo rimanere insensibili ai moti dell’attuale risorgimento degli arabi della sponda settentrionale dell’Africa”.
Napolitano non solamente ha pronunciato queste parole incoraggianti alla libertà e alla democrazia, ma pare che si stia adoperando con decisione per favorire il nostro Governo che, nonostante i suoi recenti ammiccamenti con Gheddafi, s’è prontamente schierato con “i liberatori volonterosi”.
Mi auguro tanto che prima o poi non venga fuori che questo intervento sia stato dettato dalla preoccupazione di non perdere i vantaggi sul petrolio e sul gas della Libia, vantaggio precedentemente pagato con gli aiuti economici, le motovedette e le umiliazioni fatte patire dal dittatore arabo.
Le parole e le scelte di Napolitano mi fanno piacere perché finalmente mi rassicurano che la sua conversione al metodo democratico è sicura e definitiva; comunque quanto lui ha detto è bello, giusto e condivisibile. Vorrei però che le scelte dell’Italia e dei Paesi che sono partiti baldanzosi in armi per la nuova crociata per la democrazia e per la libertà, non valessero solamente per i piccoli Paesi e soprattutto per quelli che posseggono l’oro nero, ma fossero altrettanto decise anche se riguardassero i grandi popoli nei quali la democrazia sembra solamente di nome e piuttosto formale.