Una preziosa riflessione del Cardinale Martini

Confesso che io avevo una conoscenza molto approssimativa del cardinal Martini, già Arcivescovo di Milano. Nella mia memoria avevo impresso l’immagine imponente e ieratica di questo prelato, sapevo che era un gesuita esperto biblista e sapevo che “governava” la diocesi più numerosa ed importante del nostro Paese, tanto che m’ero fatto l’idea che egli fosse il “governatore” ecclesiastico di quella “gran Milan”, industriosissima ed efficiente a livello civile, che da sempre si contrappone alla paciosa ed intrigante capitale. Così pensavo che anche in campo religioso intercorressero con Roma gli stessi rapporti che intercorrono in campo civile tra l’efficiente e ricca capitale della Lombardia e Roma, pesante e burocratica.

Di Martini avevo letto una delle prestigiose “lettere pastorali” (“Farsi prossimo”) in cui egli aveva magistralmente messo con precisione e forza i puntini sulle “i” riguardo il problema della carità e poi aveva coerentemente tradotto, a livello di scelte ed iniziative pastorali, la presa di posizione messa a punto a livello di principio.

Martini, a suo tempo, ha dato le dimissioni per limiti di età ed è ritornato, vecchio e minato nella salute, ai suoi amati studi.

Riscopro, in questi ultimi anni, un Martini nuovo, più umano, con una religiosità discesa dalla cattedra, umile, disponibile ed in ricerca, come qualsiasi altro mortale. M’ha fatto un enorme piacere e m’ha aperto il cuore il leggere in un trafiletto apparso in uno dei suoi ultimi volumi:

“L’angoscia nasce dall’insicurezza e dalla fatica a trovare nel proprio bagaglio risposte rassicuranti. E’ la paura di dover affrontare un futuro incerto, rimanendo privi di quel poco di terreno solido che si pensava di aver conquistato.
Tuttavia, se impareremo a guardarci negli occhi, con rispetto e da fratelli, ci troveremo uniti nella fiducia, o almeno nel presentimento, che ci deve pur essere qualcosa in cui possiamo ancora credere.
Oggi i credenti debbono mettere assieme le loro riflessioni e la loro ricerca, senza ostentazioni di sicurezze impossibili e senza la presunzione che i cattolici abbiano tutte le verità in tasca, ma assieme a tutti debbono invece difendere ‘quel poco di terreno solido che pensano di avere ancora’”.

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