In qualche altra occasione ho manifestato il mio rifiuto di qualche segno di ascesi spirituale e di misticismo proprie dei secoli passati, preferendo ad essi una spiritualità fresca, sorridente, calda ed umana. Mi pare che tutto questo debba essere condivisibile senza troppa fatica.
Ricordo che durante un ritiro spirituale tenutosi nella chiesa dei Cappuccini di Mestre, mi capitò di essere seduto di fronte ad una tela di notevoli dimensioni del sei-settecento, in cui era ritratto un frate, dalle occhiaie scavate, che teneva in mano un teschio, probabilmente meditando su come “passa la gloria di questo mondo”. Preferisco di gran lunga il giovane scout che di fronte al manifesto di un’attrice affascinante, dai capelli platinati e dalle labbra carnose, pensa ai drammi che certamente questa donna, piena di fascino, deve avere nel suo animo ed entra perciò in una chiesa a dire una preghiera per la sua salvezza.
L’altro giorno mi è capitato di dare l’ultima benedizione ad un medico settantenne della nostra città, che da venticinque anni soffriva di sclerosi multipla e da dodici anni era ridotto a letto. Il suo corpo era distrutto e deforme, privo di ogni armonia, sembrava veramente un disegno di Picasso. Accanto c’era la moglie e le due giovani figlie. Mi venne da pensare ai sogni, all’amore, ai progetti professionali di questo fratello: tutto infranto miseramente!
Ho passato tutta la messa di commiato nel tentativo di trasfigurare, alla luce della vita nuova, quel corpo, per tentare di ridonare una immagine viva e bella per i suoi cari. Ringrazio di tutto cuore il buon Dio per la bontà con cui mi ha trattato finora, nonostante le mie miserie e i miei guai. I nostri vecchi hanno ragione nel dire che prima di lagnarci dobbiamo guardarci indietro per vedere chi sta peggio di noi. Anche il dramma dell’uomo può essere un invito alla riflessione e alla saggezza.