La non violenza insegnata da Gandhi

Qualcuno mi ha regalato un volume che raccoglie una specie di antologia dei discorsi e delle riflessioni di Gandhi, il profeta, lo statista e l’uomo di Dio che guidò l’India all’indipendenza.

Spesso uso questo volume per fare degli inserti che adopero per spezzare la monotonia e la prolissità di certi articoli de “L’incontro”, talvolta troppo lunghi per essere letti volentieri. Il pensiero di Gandhi è veramente sublime, di una poesia, di una profondità che nel cristianesimo si trova solamente nel cantico di san Francesco, il poverello di Assisi.

Io sono letteralmente innamorato del pensiero di Gandhi, provo un’ebbrezza interiore nel cogliere delle verità che egli propone e che contengono una freschezza e una verità che sgorgano limpide e luminose nel suo meditare, quasi sempre controcorrente.

Questo volume dedica, giustamente, un corposo capitolo alla “non violenza”, l’arma culturale, religiosa e civile, che Gandhi ha messo a fuoco e teorizzato come non era mai avvenuto prima di lui.

Qualche anno fa ho letto un altro volume che descrive come il giovane intellettuale indiano esperimenta direttamente la possibilità e, secondo lui, il dovere, di affrontare e risolvere sia i problemi personali che quelli civili col metodo della resistenza passiva e della non violenza. Questo secondo volume narra come il giovane Gandhi riesce ad affermare i diritti civili dei suoi connazionali, che vivevano numerosi in Sudafrica, allora dominata dalla corona d’Inghilterra. Il trovare però la dottrina di Gandhi esposta in maniera ordinata e sintetica, m’ha offerto meglio la possibilità di cogliere tutta la bellezza, la razionalità e il dovere di scegliere il suo metodo non violento per risolvere le inevitabili questioni che ogni cittadino, di qualsiasi Stato, ha l’occasione di affrontare.

Dopo questa appassionata ed esaltante lettura, sono arrivato alla conclusione che questo metodo pacifico e rispettoso delle posizioni altrui, anche le meno condivisibili, esigono però una ascesi personale, una religiosità profonda ed un impegno prolungato, per acquisire quella virtù che, sola, permette all’uomo di essere persona e non una bestia feroce.

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